Blocco anche a Roma Corteo a Catania

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È una sede della Sirti, la società  che da oltre 90 anni costruisce fisicamente le reti telefoniche, prima come Stet (Iri, proprietà  pubblica) poi privatizzata insieme a Telecom. Non solo nel paese, ma anche altrove; in Libia, per esempio, dov’è andrà  a completare l’opera iniziata con Gheddafi. Lo striscione, manco a dirlo, è della Fiom. Protestano contro una società  ormai proprietà  di una holding la cui intera partecipazione è in pegno a IntesaSanpaolo; che «nel 2008 ha effettuato il delisting dalla Borsa, con un dividendo da 220 milioni di euro agli azionisti ma che ora è esposta verso le banche per 470». Soprattutto, che congela persino gli aumenti contrattuali del «contratto separato» del 2009 (senza la Fiom); che nel 2010 ha chiesto la cassa integrazione straordinaria per 600 dipendenti con un accordo separato (con Cisl e Uil, ovviamente); nel 2011 ne ha chiesti altri due per 760, ma con un accordo unitario che perevedeva anche i contratti di solidarietà ; ma ora ha chiesto – senza contrattare con nessuno – l’estensione a 1.000 persone, ma «per crisi e senza rotazione». Ossia licenziamenti.
Nel frattempo, subappalta gran parte delle commesse. E qui pesa anche il comportamento di Telecom, spiegano, perché «ogni anno apre aste con ribassi del 10-15%». Risultato: la rete non vede investimenti e presenta problemi sempre più numerosi («quando non vi funziona l’Adsl è perché non c’è abbastanza banda disponibile, i cavi stesi non bastano»). Raccontano come il «modello Marchionne» venga sbandierato in azienda come la «soluzione finale». E infatti la gente da mettere in cig è in genere iscritta alla Fiom, oppure è scelta tra quanti partecipano agli scioperi.
Ad Ancona, il giorno prima, altri operai della società  hanno bloccato la strada davanti alla sede; a Lago Patria (Napoli) sono saliti in sette su una gru. Una settimana fa, in occasione del presidio nazionale sotto il ministero del lavoro, durante un incontro con i sindacati, sono stati caricati e manganellati dalla polizia. Ieri a Catania sono andati in corteo da piazza Roma alla prefettura. È la ribellione al declino di un’azienda a tecnologia avanzata, che opera in un settore strategico, ma è guidata con il metro tipico una classe imprenditoriale senza più «spinta propulsiva»: ridurre il costo del lavoro, poi si vedrà …


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