Chiuse per fallimento

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Un record che ci segnala quanto siano in difficoltà  le imprese italiane, soprattutto quelle di piccole dimensioni che, come ricorda la Cgia di Mestre, continuano a rimanere il motore occupazionale ed economico del paese.
«La stretta creditizia, i ritardi nei pagamenti e il forte calo della domanda interna – segnala il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi – sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli a portare i libri in tribunale. Purtroppo, questo dramma non è stato vissuto solo da questi datori di lavoro, ma anche dai loro dipendenti che, secondo una nostra prima stima, in almeno 50.000 hanno perso il posto di lavoro». 
Ma, ricorda la Cgia, il fallimento di un imprenditore non è solo economico, spesso viene vissuto da queste persone come un fallimento personale che, in casi estremi, ha portato decine e decine di piccoli imprenditori a togliersi la vita. «La sequenza di suicidi e di tentativi di suicidio avvenuta tra i piccoli imprenditori in questi ultimi mesi – prosegue Bortolussi – sembra non sia destinata a fermarsi. Solo in questa settimana, due artigiani, a Bologna e a Novara, hanno tentato di farla finita per ragioni economiche. Bisogna intervenire subito e dare una risposta emergenziale a questa situazione che rischia di esplodere. Per questo invitiamo il governo ad istituire un fondo di solidarietà  che corra in aiuto a chi si trova a corto di liquidità ».
Il segretario della Cgia commenta poi i dati sui redditi resi noti l’altroieri dal dipartimento delle Finanze del Tesoro. «Attenti – dice – a dare queste chiavi interpretative fuorvianti e non corrispondenti alla realtà . Le comparazioni vanno fatte tra soggetti omogenei, ad esempio tra artigiani e i loro dipendenti. Ebbene, se confrontiamo il reddito di un dipendente metalmeccanico con quello del suo titolare artigiano, quest’ultimo dichiara oltre il 40% in più, con buona pace di chi vuole etichettare gli imprenditori come un popolo di evasori».


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