Dal Nord al Sud per Predicare contro Omertà  e Pizzo

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È scontato pure che don Giacomo sia divenuto un simbolo, vissuto come tale e come tale colpito; magari in maniera mediata ma ugualmente rumorosa, come avviene quando esplodono ordigni e colpi di pistola. Attentati simbolici, appunto, contro chi lavora in un edificio confiscato alla cosca più nota e potente di Lamezia Terme (almeno fino a poco tempo fa), è comparso in tv al fianco di Roberto Saviano, ha scritto un libro per raccontare la sua esperienza di «migrante al rovescio», dal Nord ricco e protetto verso il Sud povero e abbandonato. Uno che predica contro l’omertà  esaltando chi, al Sud, si presenta in tribunale per additare pubblicamente chi s’è presentato da lui a riscuotere il “pizzo”, non può essere amato o ben accolto da chi pratica l’estorsione per arricchirsi e far rispettare le proprie regole; tantomeno se predica l’amicizia disinteressata contrapponendola ai legami artificiosi dei clan. Meno scontato è l’accanimento e l’insistenza con cui le intimidazioni si ripetono verso don Giacomo e la sua Comunità . Perché è chiaro che quel prete non recederà , lui che faceva l’operaio a Brescia e stava in piazza della Loggia alla manifestazione indetta dai sindacati, nel 1974, quando scoppiò la bomba che uccise otto persone e ne ferì più di cento. Non l’hanno scoraggiato gli strateghi della tensione, non lo faranno i boss della ‘ndrangheta, i loro discendenti, o i loro emuli. E sono i primi a saperlo. Allora c’è da capire chi ha deciso di continuare con i microattentati, e perché. È lo stesso Panizza a chiederselo, pubblicamente come sempre, prima di decidere come rispondere. E con lui se lo chiedono gli investigatori, insieme ai militanti antiracket e antimafia che esistono anche in questa provincia lontana dai riflettori.
C’è chi ipotizza la regia di chi vuole mettere in discussione il potere (già  ridotto a causa di arresti e morti ammazzati) del clan Torcasio, che non avrebbe saputo tenere testa a quel prete troppo invadente; chi immagina la reazione a qualche mossa ancora sconosciuta di don Giacomo, più incisiva e dirompente delle altre; chi non esclude ricatti a qualcuno che s’è appoggiato alla Comunità , magari all’insaputa del suo animatore; chi pensa solo a una «ragazzata», che da quelle parti può ben comprendere l’utilizzo di esplosivo e proiettili. Potrebbero esserci nuovi equilibri criminali su cui interrogarsi, dunque, o qualcosa di più semplice. Ma fosse pure lo scherzo di chi gioca a fare lo ‘ndranghetista attaccando un emblema del riscatto sociale, sarebbe ugualmente il sintomo di un degrado preoccupante. Contro cui don Giacomo ha il merito di continuare a battersi.


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