Donne, date una scossa al pianeta

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Carol Gilligan, femminista storica, introducendo gli ultimi monologhi di Eve Ensler, pubblicati l’anno scorso da Piemme col titolo Io sono emozione. La vita segreta delle ragazze, scrive: «Il contrario del patriarcato è la democrazia». È un concetto molto semplice e molto radicale. Ma è tutto così, molto semplice e molto radicale, nel movimento promosso da Ensler, drammaturga, poetessa, sceneggiatrice, regista che, dal 1998, con i suoi Monologhi della vagina, fa dire su un palco la parola interdetta a coorti di donne, star come persone comuni, e fondatrice nello stesso anno del V-Day, la valanga che ha toccato 120 Paesi per organizzare eventi e raccolte di fondi contro tutte le forme di soggezione e sfruttamento femminile, dalle percosse alla schiavitù sessuale, dall’infibulazione all’incesto («V» sta per violenza, per Valentino cioè «il giorno dell’amore e dell’amicizia» e naturalmente per vagina). Tagliando corto su prospettive più raffinate, quelle di quando il femminismo era al suo zenith, e con una americana volitività  palingenetica, Ensler – ha 58 anni ha fondato questo movimento sul dato crudo dell’abuso: lei è stata abusata da ragazzina dal patrigno e sa che le donne che hanno avuto esperienze di stupro, in famiglia o no, sono una quantità  inimmaginabile per chi non si documenta (per il V-Day nel mondo lo è una donna su tre). È in Italia per presenziare, domani, a una replica dei Monologhi della vagina al milanese Teatro dell’Elfo (stavolta saranno tra le altre Lella Costa, Geppi Cucciari, Paola Turci, Marina Massironi a recitare) e per presentare Se non ora quando, libro (di nuovo per Piemme) che raccoglie gli interventi di un drappello di scrittori al festival contro la violenza che si è tenuto a New York nel 2006. Il titolo per l’edizione italiana occhieggia al movimento che da noi ha portato in piaza un milione e mezzo di donne il 13 febbraio 2011. A scrivere da Michael Cunnigham con un allucinato testo espiatorio a Jane Fonda che torna sulla figura di sua madre, da Edward Albee con l’atto unico di una coppia sadomaso ad Alice Walker con una poesia martellante come un rap. Abbiamo posto a Eve Ensler alcune domande.
In «Io sono emozione» le voci narranti sono di ragazzine, adolescenti americane alle prese con corpo, peso, sesso, bullismo, ma anche congolesi e palestinesi alle prese con schiavitù meno soggettive. Perché si è focalizzata sull’età  adolescenziale?
«Le ragazzine sono concretamente il futuro. Ma è anche la ragazzina che è in ognuno di noi adulti, donne come uomini, a possedere la chiave del futuro: bisogna liberarla. Il pubblico cui mi rivolgo non è solo di teenager, io spero che questo libro lo leggano tutti. Perché ciascuno di noi è allevato inibendogli di essere una ragazzina: al maschio si dice “non fare la femminuccia”, alla femmina “non fare la ragazzina”. È evidente che in questo nocciolo c’è qualcosa di molto potente: empatia, intuizione, compassione, mozioni».
Quali virtù attribuisce alle emozioni?
«Il libro si dirama verso strade diverse, con pezzi buffi, inquietanti, strani. Ma è la gamma di emozioni che gli permette di entrare dentro ciascuno di noi. Fossero solo fatti, i numeri delle donne uccise in una guerra oppure in una metropoli, ci chiuderemmo. Ma se il nostro cuore è aperto e l’arte ci commuove, allora cominciamo a pensare in modo diverso. Le emozioni sono un tipo particolare di intelligenza posto nel cuore come nella mente. Liberarle è essenziale per darci un futuro. Sono la parte nostra più censurata. Noi siamo allevati in modo da separarci dal nostro cuore. Io ricordo che da quando ho avuto dei sentimenti mi sono sentita dire che ero troppo viva, troppo isterica, troppo troppo troppo… Invece le emozioni sono ciò che ci lega alle altre persone. Ci riempiono di passione. Ci danno la capacità  di resistere e di ribellarci».
In uno dei testi per «Se non ora quando» c’è un atto di accusa al mondo ipocrita dei ricchi che elargiscono. Ma il V-Day si fonda su donazioni. Non è una contraddizione?
«C’è differenza tra carità , beneficenza e un movimento. Proprio ieri allo Skoll World Forum (l’organismo che stimola risposte di taglio imprenditoriale ai grandi problemi del pianeta, ndr), a Oxford, ho parlato della differenza che c’è tra il dare denaro a chi ne ha bisogno sentendosi fortunati nel farlo e darlo pensando di essere persone speciali. Il V-Day, nelle mie intenzioni, non è un movimento nelle mani di una leader. È un movimento dove le militanti si impegnano in una filantropia che ha scopi di alto empowerment (promuove autorevolezza e responsabilità  nei destinatari, ndr).
Quando raccogliamo denaro nei diversi Paesi, con le nostre iniziative, il denaro rimane lì. Il denaro è energia. Quando dò denaro, mi sia stato affidato da altri o sia mio, sento che non sto controllando la gente, con questi soldi, ma ho fiducia in loro e glieli dò, fidandomi, perché facciano qualcosa. Super-ricchi e multinazionali danno, ma spesso una briciola e si sentono a posto. E il sistema resta quello dell’1% che ha tutto e il 99% che non ha niente». Questa proporzione, 1 vs 99%, è un lascito dell’epoca Bush…
Le cose vanno meglio?
«Personalmente mi sento meglio da quando è cominciato Occupy Wall Street. E da piazza Tahrir. Sono gli albori di movimenti internazionali in cui le persone cominciano a sollevarsi e a chiedere la propria parte. Quest’anno al V-Day sono venute delle donne di Ows, autodefinendosi Vagines Occupy. I diritti delle donne hanno bisogno di giustizia economica e uguaglianza. Dove c’è iniquità , violenza e sopraffazione sulle donne si rafforzano».
Partita da una pièce teatrale, lei è finita ai quattro lati del pianeta a battersi contro tutte le forme di abuso sulle donne. Non ha la sensazione di provare a svuotare il mare con un cucchiaino?
«A volte sì, a volte no. Il 6 marzo delle deputate hanno allestito i Monologhi dentro il Parlamento europeo, trasformandolo in un luogo di vagine e libertà . In gennaio ero in Congo al nostro Joy Center dove le prime tra le donne violentate nella guerra, lì accolte, si diplomavano, candidandosi a diventare classe dirigente. Questa settimana Dominique Strauss-Kahn è stato indagato per sfruttamento della prostituzione. Di tutto questo sono felice. Però negli Stati Uniti la destra fa campagna elettorale con un programma di remissione dei principali diritti. Il bene e male procedono sempre in contemporanea».
Signora Ensler, la sua mente mai doma ora cosa progetta?
«Un libro sui tumori in Congo, una pièce teatrale da Io sono emozione. E il 14 febbraio 2013 un V-Day che dovrà  coinvolgere un miliardo di donne nel pianeta: donne picchiate o abusate che ballino, diano la scossa al pianeta, uno scrollone di energia, perché rinasca la pianta del buon senso».


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