by Editore | 11 Aprile 2012 7:18
In quasi trecento rischiano di restare a casa, a fine giugno, a causa dello «sforamento» del patto di stabilità (annunciato a fine dicembre dal sindaco Fassino) e l’amministrazione non può assumere personale.
Spetta alla politica decidere e questa settimana è decisiva: privatizzare anche gli asili – seguendo la strada imboccata per Gtt e Amiat – oppure mantenerli pubblici, e così la gestione diretta, trovando una soluzione ponte fino al 2013. In ballo ci sono 15 asili che rischiano di essere esternalizzati, sui 49 pubblici (altri 5 sono in convenzione).
La situazione è calda, le maestre precarie si sono riunite nel comitato «Zero-Sei.com» composto da educatrici, insegnanti, genitori, assistenti educativi (raccogliendo migliaia di firme «contro la vendita») e hanno chiesto consulenza a due giuristi Ugo Mattei e Dario Casalini.
I sindacati hanno annunciato uno sciopero. Il comune, a metà marzo, sembrava pronto ad affidare la gestione di 15 nidi a cooperative esterne. Poi, la frattura in giunta. L’assessore di Sel Maria Grazia Pellerino (che era stata accusata dai sindacati di volerli rendere «corresponsabili delle scelte») si smarca. Scrive al sindaco, convinta che i servizi educativi debbano rimanere «nella sfera della gestione pubblica» e, nel caso, di una cessione a coop esterne avrebbe rimesso in discussione la sua permanenza in giunta, sollevando critiche di Legacoop e l’ira del sindaco. Fassino prende tempo e chiede agli avvocati di valutare le proposte di comitato e assessore.
Al vaglio, una struttura che si sostituisca al comune senza sottrargli la «governance», come un partnerariato tra un Ipab (Istituto assistenza e beneficenza) già esistente e il Comitato Zero-Sei. Personale selezionato attraverso bando per titoli e uno sponsor privato (Compagnia di San Paolo?). Sul tavolo anche le ipotesi di una fondazione o un’azienda pubblica speciale. Per Michele Curto, capogruppo in Sala rossa e segretario provinciale Sel, è una questione di volontà politica. «Il pubblico deve mantenere la gestione diretta, non si può esternalizzare solo per necessità : ciò non significa demonizzare il mondo cooperativo. Si tratta di difendere un bene comune e una realtà che permette alle donne di rimanere sul mercato del lavoro favorendo l’occupazione di altre donne. Quindi, non esternalizzare, mantenendo controllo e qualità , poi con il rientro nel patto di stabilità nel 2013, il comune potrà investire. Se la giunta deciderà una strada opposta, trarremo le conseguenze».
Francesca Iberti (otto anni da precaria nei nidi di Torino) fa parte del comitato, spera che oltre al danno (nella stabilizzazione del 2010 furono scavalcati dai docenti di religione, indicati dalla Curia) non ci sia la beffa: «Fassino in campagna elettorale aveva garantito che non avrebbe toccato i servizi educativi. Così si perderebbe un patrimonio umano e culturale. E pensare che si sono appena festeggiati i quarant’anni della legge 1044. Si dovrebbe tornare a fare welfare, considerando nidi e scuole dell’infanzia servizio essenziale per eccellenza».
Il tempo corre. A maggio dovrebbero completarsi le iscrizioni nei nidi, ma rispetto a quale futuro? Claudia Piola, Fp-Cgil, racconta che gli operatori stanno lavorando in condizioni molto difficili: «Non abbiamo avuto proposte chiare, se non ci saranno, a settembre mancherà personale. Il nodo è l’investimento che la città vuole fare sui servizi educativi. La nostra condizione è che strutture e dipendenti rimangano pubbliche». In caso di privatizzazione, tra l’altro, i salari sarebbero più bassi e il rapporto alunni – insegnante svantaggioso. Il 16 ci sarà un presidio sotto Palazzo di Città , a fine mese sciopero a scacchiera. E gli atipici del comitato annunciano: «Faremo uno sciopero precario».
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