Fondi neri con i contributi per l’editoria

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Insieme alla corruzione internazionale, quello dei contributi per l’editoria acquisiti illegalmente è un altro filone decisivo dell’inchiesta condotta dagli uomini della Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Napoli coordinati di pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcoock. Decisivo perché è proprio attraverso la International Press posseduta da De Gregorio prima, e venduta poi da quest’ultimo a Lavitola, che sono passati la bellezza di 23.200.641 euro dal 1997 al 2011, contributi pubblici ottenuti grazie a un giro di false fatturazioni e divisi in conti bancari intestati sempre a Lavitola e De Gregorio sparsi in mezzo mondo. Per essere utilizzati, è il sospetto, come fondo per corrompere, pagare tangenti, oliare.
Sono in tutto 19 le persone indagate dalla procura di Napoli per i fondi all’editoria percepiti illegalmente dall’Avanti. Oltre a Lavitola e De Gregorio (che ha ottenuto il beneficio dei domiciliari), tra gli altri ci sono anche la segretaria particolare di quest’ultimo, Patrizia Gazzulli, Roberto Cristiano, prestanome sempre del senatore Pdl, e Santo Antonio Biffo. Tutti e tre ai domiciliari. In carcere, invece, ci è finito il responsabile contabile della International Press, Vincenzo Ghionni. 
Al centro della truffa perpetrata ai danni dello Stato ci sono i soldi che la legge 250 del 1990 destina ai giornali sulla base delle copie diffuse. Un meccanismo che De Gregorio e Lavitola avrebbero sfruttato al massimo, fatturando una serie di servizi mai svolti. In particolare servizi di «strillonaggio» dell’Avanti, come i magistrati chiamano la diffusione del giornale. I soldi ottenuti come rimborso dallo Stato in seguito venivano trasferiti all’estero, come ha confermato ai magistrati Andrea Vetromile, collaboratore storico di De Gregorio ma soprattutto suo ragioniere tributarista. «I fondi neri – ha raccontato ai pm Vetromile – venivano trasferiti nei Paesi arabi dal De Gregorio e in particolare in Kurdistan, Karzakistan, Panama ed Emirato Arabi dove aveva una conoscenza con al Kassimi». I Paesi prescelti da Lavitola sono invece il Brasile, l’Uruguay e, ovviamente, Panama. Ma i contributi per l’editoria non sarebbero stati gli unici a finire nei conti dei due «soci di fatto», che avanzavano richieste di denaro anche a una serie di imprenditori in cambio di inserzioni pubblicitarie. «Parliamo di un minimo di 50 mila euro che aumentavano in base alle potenzialità  economiche del soggetto», ha spiegato Vetromile le cui dichiarazioni vengono giudicate «attendibili» dai pm.
Un altro che avrebbe avuto un ruolo chiave nella truffa sarebbe stato Vincenzo Ghionni, socio e collaboratore di Lavitola e De Gregorio particolarmente prezioso perché membro della commissione tecnica consultiva per l’editoria, l’organismo a cui spetta il compito di decidere l’assegnazione dei contributi. «Il ruolo di Ghionni – racconta sempre Vetromile ai pm – era quello di collazionare le pratiche da presentare al ministero per l’ottenimento dei contributi». Finti costi di dipendenti fittizi, ai quali si sommavano altrettanto finte fatturazioni relative a costi inesistenti e provenienti da Terracina, sede del gruppo De Gregorio, e da Roma, dove aveva sede dell’Avanti. Una consulenza, quella di Ghionni, della quale Lavitola e De Gregorio non sarebbero stati gli unici benificiari. Almeno stando alle cose dette sempre da Vetromile ai pm: «Mi risulta che Lavitola ha presentato Ghionni all’onorevole Rotondi al quale ha fornito la stessa ‘assistenza e consulenza’ fornita a Lavitola/De Gregorio. Mi risulta – sono sempre le parole di Vetromile – che Rotondi per ringraziarlo gli ha agevolato il conferimento di importanti incarichi pubblici, tra cui mi risulta quello di sindaco presso la Siae e quello di presidente della Federazione italiana liberi editori. Per le sue prestazioni – conclude l’ex ragionieri – Ghionni veniva pagato in contanti e/o assegni da De Gregorio e Lavitola utilizzando il fondo nero».


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