Genitori, sì ai congedi fino ai 18 anni dei figli
Diritto al part time e congedo parentale per i nonni al posto dei genitori. Innalzamento, fino ai diciotto anni di età dei figli, della possibilità di usufruire dell’astensione facoltativa dal lavoro post-maternità . E poi: più mesi a casa per le mamme di bimbi prematuri, sottoposti a lunghe ospedalizzazioni, e tutela della carriera delle lavoratrici madri. È racchiusa in sette punti, che vanno diritti al cuore della materia, la “rivoluzione dei congedi parentali”, firmata da Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione e l’integrazione, con delega anche alle Politiche per la Famiglia. Sette brevi articoli che Riccardi presenterà alla Camera non appena inizierà la discussione del disegno di legge sulla riforma del lavoro, ad integrazione di quei due punti di “sostegno alla genitorialità ” già elaborati dal ministro Elsa Fornero. Due proposte, quelle del testo Fornero, che prevedono l’obbligo per i neo-padri di usufruire di tre giorni di astensione (retribuita) dal lavoro alla nascita del figlio. E, in secondo luogo, la possibilità per le mamme di tornare subito al lavoro, rinunciare ai sei mesi di congedo, ma ricevendo in cambio per gli undici mesi successivi, dei voucher per pagare servizi di baby sitting.
Nel dettaglio, alcuni articoli del testo messo a punto dal dipartimento per la Famiglia, sono particolarmente innovativi. I congedi parentali sono quei 6 mesi, non retribuiti, che la madre o il padre possono prendere, tutti insieme o frazionati, dal primo anno di vita del bambino, fino ai suoi otto anni. Allo scadere degli otto anni, che se ne sia usufruito o meno, il diritto decade. Il testo del ministro Riccardi propone di estendere fino ai 18 anni la possibilità di utilizzare quegli stessi sei mesi. E questo per dare modo ai genitori, anche adottivi, di seguire i figli nell’adolescenza. Altro elemento di novità , ma sul quale potrebbe aprirsi un dibattito tra fautori e contrari, è l’idea di dare ai nonni, in alternativa ai genitori, la possibilità di usufruire del congedo parentale. Una proposta già avanzata in Germania, ma che nel nostro paese affonda le radici nel dramma del lavoro precario delle coppie giovani, le quali, proprio per questo, con estrema difficoltà mettono al mondo dei bambini. Visto che oggi, molto spesso, si legge nel testo, “il genitore ha un lavoro precario che non gli consente, di fatto, di avere il congedo”, anziché perderlo questo potrebbe essere usufruito dal nonno o dalla nonna, che magari hanno ancora un lavoro dipendente.
Spiega Andrea Riccardi: «Ho molto apprezzato le norme che il ministro Fornero ha voluto introdurre nel provvedimento sul lavoro a sostegno della genitorialità . Come titolare del dipartimento della Famiglia ho elaborato un pacchetto di ulteriori proposte che spero possano essere condivise. Bisogna essere attenti alla vita concreta e tenere in maggior conto il ruolo insostituibile che la famiglia svolge all’interno della società . Sostenendola in particolar modo nei periodi più delicati. La gestazione, il parto, l’allattamento, la necessità di accudire i figli durante le malattie, la loro educazione, non devono diventare un peso insostenibile per i genitori, specie per le madri». Inserendo in questo quadro anche situazioni delicate, come ad esempio i parti pre-termine. Quando nasce un bimbo prematuro spesso i suoi primi mesi di vita si svolgono nella nursery di un ospedale. Settimane, giorni, in cui si “consumano” i 3 o 4 mesi di astensione post partum delle madri. Le quali magari, non appena riescono a tornare a casa con il loro (delicatissimo) bambino, si trovano già a dover riprendere il lavoro. E l’idea di Riccardi, d’accordo con il ministero della Salute, è di scorporare i mesi di ospedale dal conteggio del congedo obbligatorio.
«Le mie proposte – aggiunge Riccardi – che non implicano particolari aggravi per le finanze pubbliche, vanno in due direzioni: la prima, estendere e rendere più elastiche le norme sui congedi parentali, ampliando la possibilità e le persone – basti pensare a quanto sono importanti oggi i nonni – che possono usufruirne. La seconda, estendere le garanzie per le donne lavoratrici. Aiutare la famiglia oggi significa sostenere il più grande ammortizzatore sociale di cui l’Italia dispone».
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