Il calvario di 240.000 piccole imprese in credito con lo Stato e braccate da Equitalia

by Editore | 10 Aprile 2012 6:26

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ROMA – Con una mano lo Stato ti chiede di pagare le tasse, ma con l’altra non paga i suoi di debiti. Un mix micidiale per circa 240 mila piccole imprese che sono creditrici nei confronti della pubblica amministrazione e che, nello stesso tempo, hanno ricevuto una cartella esattoriale da parte di Equitalia. Facile immaginare chi avrà  la meglio, non essendo possibile compensare il debito con il credito. È uno dei dati che emerge da una ricerca condotta da Swg per la Cna, la Confederazione nazionale dell’artigianato.
Il debito della pubblica amministrazione nei confronti del sistema delle imprese rasenta ormai i 100 miliardi di euro. Una massa gigantesca di risorse che incide non poco sulla liquidità  delle aziende tanto più in una fase in cui le banche hanno stretto i rubinetti del credito, nonostante l’immissione di denaro (a tassi bassi) nel mercato da parte della Banca centrale europea. E, al di là  delle promesse (si era parlato anche di pagamento attraverso titoli di Stato), il debito non si è mai ridotto. Le associazioni delle imprese protestano, ma trovare una via d’uscita in tempi ravvicinati non sembra facile. Mentre le cartelle di Equitalia hanno raggiunto il 23 per cento delle imprese.
Il 73 per cento degli enti pubblici, dunque, paga i propri debiti in ritardo. Con scadenze da record perché la pubblica amministrazione italiana è il peggior pagatore d’Europa: in media ci mette 180 giorni, 90 previsti dai contratti e altrettanti di ritardo vero e proprio. I tempi complessivi sono meno lunghi anche in Grecia: 60 giorni contrattuali e 108 di ritardo. Tutto questo incide anche sulla competitività  delle nostre piccole aziende. Basti pensare che le imprese tedesche incassano il proprio credito in media nel giro di 35 giorni e quelle francesi con una media di 64 giorni. 
Il settore più esposto ai ritardi della pubblica amministrazione è quello delle costruzioni (238 giorni), seguito dall’industria (229 giorni) e dai servizi (135 giorni). «Siamo in una situazione terribile – sostiene Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna – siamo in una totale incertezza. La domanda interna continua a crollare, gli ordinativi non vanno oltre la prospettiva di un trimestre, ci si rivolge alle banche non per realizzare nuovi investimenti ma perlopiù per sostenere le spese». È un circolo vizioso, dal quale – secondo Silvestrini – si può uscire solo tagliando la spesa pubblica, anticipando la riforma fiscale per ridurre il peso delle tasse sul lavoro. 
Di certo il ritardo nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione accentua la carenza di ossigeno soprattutto delle piccole attività . Stando alla ricerca Swg-Cna il 45 per cento delle imprese si trova in crisi di liquidità  proprio per questo; il 21 per cento è costretto a sostenere costi aggiuntivi per lo scoperto bancario. Ci sono effetti pure sull’organizzazione dell’azienda: una su tre dichiara che i mancati pagamenti della pubblica amministrazione si traducono in una minore credibilità  con i fornitori. Il 15 per cento sostiene che finiscono per avere conseguenze negative sui livelli occupazionali. Infine circa il 24 per cento delle imprese (quasi un milione) dice che il credito che vantano con gli enti pubblici pesa pure sulle possibilità  di accesso a nuovi fidi bancari. «Oltre il danno, la beffa», è la tesi della Cna.

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