Isole Falkland: sale la tensione tra Londra e Buenos Aires

Loading

Gli abitanti delle Isole Falkland, Keplerscome vengono chiamati da queste parti, sono già  pronti a ricordare il 2 aprile. Non sarà  un anniversario come gli altri e non solo perché si tratta del trentennale dello sbarco delle truppe argentine sulle Isole Malvine, la Georgia del Sud e le Isole Sandwich del Sur. Non lo sarà  perché iKeplers, che sono al cento per cento cittadini britannici, si sentono minacciati.

Un passato che ritorna. Las Malvinas son argentinas” è il grido di battaglia che da qualche mese a questa parte risuona ad intervalli sporadici nelle piazze delle città  e dei villaggi argentini. Dalle proteste di piazza alle stanze presidenziali, la Presidentessa Cristina Fernandez de Kirchner ha ufficialmente chiesto in sede ONU che venga riconosciuto il diritto di sovranità  territoriale argentino sulle Malvine.

Le Malvine rappresentano uno dei 16 territori non autonomi monitorati dalla Commissione delle Nazioni Unte per la Decolonizzazione. Come noto, gli inglesi dal 1883 hanno fatto di questo arcipelago di 200 isole situato nell’atlantico meridionale, a 450 km dalle coste argentine, un possedimento coloniale. Trent’anni fa, era il 2 aprile del 1982, le truppe argentine furono inviate dall’allora presidente Leopoldo Galtieri ad invadere le isole, rivendicandone la sovranità . Iniziò così la guerra delle Falkland ( o delle Malvinas, se vogliamo dirla alla maniera latina). La spedizione, che avrebbe dovuto rilanciare la disastrata immagine della giunta militare di sede a Buenos Aires, fu un fracasso. La Royal Navy britannica, forte di sottomarini nucleari, aerei e truppe iper specializzate, ebbe la meglio in un conflitto che in due mesi registrò poco meno di mille caduti (la maggior parte dei quali argentini).

Le conseguenze politiche della guerra per i due paesi furono diametralmente opposte. La dittatura argentina, la cui popolarità  era ai minimi storici, si imbarcò nel conflitto desiderosa di rilanciare la propria immagine, ottenendo l’effetto opposto e prestando il fianco alla sua successiva caduta definitiva. Al contrario, per la corona britannica, la difesa delle Falkland permise di cambiare quel vento di pessimismo che stava aleggiando in patria; l’allora primo ministro Margaret Thatcher tenne fede alla sua nomea di lady di ferro, dimostrando agli occhi del mondo che l’Inghilterra, pur non essendo più un impero, rimaneva sempre una potenza mondiale di primissimo ordine

Nuove rivendicazioni. I successivi governi argentini in carica non hanno mai digerito la presenza inglese al largo delle coste sudamericane. Negli ultimi mesi in particolare si sono intensificate le voci di richiesta ufficiale di riconoscimento della sovranità  argentina sulle isole. I proclami della Kirchner hanno trovato il consenso della maggior parte dei paesi limitrofi. Buenos Aires, spalleggiata da Uruguay e Brasile, ha imposto l’embargo per le navi battenti bandiera inglese dirette verso le isole, minacciando di chiudere anche lo spazio aereo tra il Cile e l’arcipelago. Anche il presidente venezuelano Hugo Chà¡vez si é schierato al fianco della Kirchner, affermando come Londra agisca in nome di un “nuovo colonialismo”. Per l’argentina questo è solo l’inizio: “Continueremo a denunciare nei tribunali internazionali questa azione illegale britannica prendendo anche le misure necessarie secondo quanto prevede il diritto internazionale”, hanno fatto sapere dalla Casa Rosada, sede del governo a Buenos Aires.

La risposta da Londra non si è fatta attendere: il ministero della Difesa britannico ha dato il via libera all’incrociatore Hms Dauntless, un colosso da un miliardo e mezzo di dollari, di salpare verso Port Stanley. A bordo della nave da guerra, niente di meno che il principe William. Secondo il governo inglese, la presenza del principe rientra nel normale svolgimento della carriera di pilota di elicottero da ricognizione e salvataggio della Royal Air Force, ma per Buenos Aires si tratta di una provocazione gratuita.

Petrolio e rotte strategiche. Il rinnovato interesse, tanto dell’Argentina quanto del Regno Unito, attorno alle Falkland sembra andare oltre il semplice orgoglio di patria. Recenti esplorazioni hanno portato alla luce come i fondali dei mari che circondano l’arcipelago siano ricchi di petrolio. Una riserva di almeno 60 miliardi di barili di greggio, secondo le stime. I colossi britannici come Rockhopper Exploration, Falkland Oil & Gas e Borders & Southern già¡ si sfregano le mani calcolando i prossimi guadagni. Su questo vero e proprio patrimonio, sono in tanti a voler mettere le mani.

Inoltre, per l’Inghilterra le Falkland rappresentano un avamposto strategico per il controllo del passaggio interoceanico tra l’Atlantico ed il Pacifico. La base militare di Mount Pleasant, costruita durante la guerra e mantenuta oggi da Londra con una spesa di circa 226 milioni di dollari all’anno, costituisce un sito militare estremamente importante cui gli inglesi non intendono rinunciare.

Non sono ancora venti di guerra quelli che sibilano tra i due paesi, ma di certo non tira una buona aria. In ogni caso, i tremila abitanti dell’arcipelago hanno già  fatto sapere da che parte staranno. Gli isolani, che sono a tutti gli effetti cittadini britannici, pur non dipendendo né politicamente né tantomeno economicamente da Londra, vivono in una sorta di autonomia de facto, dove la corona garantisce protezione militare. I residenti eleggono da soli i propri rappresentanti. Il loro governo è formato da una assemblea di otto deputati e l’autorità  massima è il governatore.


Related Articles

Migranti, nessuna invasione, ma l’Austria schiera i panzer al Brennero

Loading

Governo di Vienna nel caos, la campagna elettorale è già iniziata. Inviati quattro corazzati per bloccare la strada verso il Tirolo

C’è il Messico nel nostro futuro

Loading

Reportage. In una Città del Messico percorsa dalle proteste per i 43 studenti scomparsi, alla sbarra del Tribunale dei Popoli il Trattato che liberalizza gli scambi con il Nord America

Parigi trema addio vertice

Loading

Salta l’incontro a tre tra Merkel, Sarkozy e Mario Monti. Se ne riparlerà  a febbraio. Ma l’Eliseo smentisce di aver chiesto il rinvio Moody’ condivide l’analisi di S&P, ma mantiene la «tripla A» sul debito pubblico francese

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment