La Cgil non si fida, industriali contrari

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ROMA — «Modifiche inaccettabili», scrivono Abi, Alleanza Cooperative, Ania e Confindustria. «Temo sorprese», dice la segretaria della Cgil Susanna Camusso. La riforma del mercato del lavoro e dell’articolo 18, con il compromesso raggiunto ieri, trova l’opposizione degli imprenditori e la cauta soddisfazione di Cisl e Uil, che sfocia nei sospetti della Cgil. E mette d’accordo, invece, i partiti che sorreggono il governo Monti. Il Partito democratico scioglie le riserve e con Pier Luigi Bersani definisce l’accordo «un passo avanti importantissimo». Scontata la valutazione positiva da parte del Terzo polo, mentre il segretario del Pdl Angelino Alfano a Porta a Porta è moderatamente soddisfatto: «Abbiamo accettato la modifica peggiorativa chiesta dal Pd all’articolo 18, perché ci è stata data soddisfazione su tre o quattro questioni ed è stata toccata la flessibilità  in entrata. In Parlamento ci saranno margini per miglioramenti». Idv e Sel, invece, bocciano senza appello la riforma. 
Secondo gli imprenditori, le modifiche sull’articolo 18 «vanificano il difficile equilibrio raggiunto e rischiano di determinare un arretramento del mercato del lavoro». Un malessere che nasce dalla considerazione che il verbale di intesa firmato a Palazzo Chigi il 23 marzo con le parti sociali non coincide con il provvedimento presentato ieri. A dar voce all’insofferenza degli imprenditori potrebbe essere già  oggi la leader degli industriali Emma Marcegaglia, che nel pomeriggio sarà  alla Luiss. L’ad della Fiat Sergio Marchionne, invece, non affonda il colpo: «È un lavoraccio, un impegno enorme. È una questione che deve gestire Monti con il suo governo. Per quello che posso, lo appoggio». 
Tra i sindacati, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni giudica «ragionevole» l’accordo raggiunto, mentre il leader della Uil Luigi Angeletti definisce con una metafora calcistica il compromesso: «Abbiamo pareggiato fuori casa». Molto più cauta la Camusso: «Finché non c’è un testo, non commentiamo, siamo persone serie e non andiamo per sensazioni. Non vorremmo ritrovarci sorprese come abbiamo trovato in altre occasioni». Durissimo, invece, Giorgio Cremaschi, della Fiom: «Un testo pessimo, una controriforma drammatica».
Il Pd era il partito più in difficoltà , diviso tra l’anima liberal e quella laburista. Lo stesso Bersani, nei giorni scorsi, aveva dato più di un segno di insofferenza, chiamando il governo a una correzione di rotta che gli consentisse di dare il via libera alla riforma senza provocare ulteriori traumi. Alla fine, il segretario tira un sospiro di sollievo: «Quell’articolo non sarà  scritto con la mia penna, ma il concetto che ci stava a cuore c’è». Parla del principio del reintegro per i licenziamenti giustificati dalle aziende con la motivazione economica. «L’onere della prova non a carico del lavoratore c’è — continua Bersani —. Questo può rispondere all’ansia che si stava diffondendo tra milioni di lavoratori». Naturalmente, aggiunge, «ci sono cose da migliorare». A testimonianza di un compromesso soddisfacente c’è anche la reazione di Stefano Fassina, finora critico: «È una soluzione positiva e innovativa». Più cauta Rosy Bindi, che sottolinea «l’ambiguità  del ministro Fornero»: «Sembra avallare una interpretazione delle modifiche che renderebbe più facili i licenziamenti».
Di altro parere il leader dell’Udc Casini, che loda l’«alta produttività » del governo, così come il fli Benedetto Della Vedova dà  «atto e merito» a Monti per l’«equilibrio» con cui ha reso la riforma «dinamica». Totalmente negative sinistra e Idv. Per il leader del Prc Paolo Ferrero «il governo manomette l’articolo 18 e il Pd è responsabile». Antonio Di Pietro è netto: «Il governo getta fumo negli occhi dei lavoratori per coprire la vera natura del provvedimento: varare in Italia una legge per avallare i licenziamenti facili».


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