La finanza preme sul voto francese, Hollande resta in vantaggio

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Sono bastate alcune voci di un possibile downgrading della Francia all’indomani del primo turno delle presidenziali di domenica, per far passare al rosso, ieri nel primo pomeriggio, la Borsa di Parigi, bancari in testa, e aumentare un po’ i tassi di interesse dei titoli di stato. La finanza interviene a pochissimi giorni dal voto.
Ma con quali effetti? La minaccia di un «destino alla spagnola» brandita dal presidente Nicolas Sarkozy per far paura agli elettori e convincerli a rieleggerlo è fallita. Lo sfidante Francois Hollande sembra aver convinto proprio perché ha chiaramente affermato che Parigi non ratificherà  il Fiscal Pack se il testo non verrà  rivisto, con l’aggiunta dello stimolo alla crescita.
La buona campagna del Front de Gauche non è solo dovuta alle qualità  di oratore di Jean-Luc Mélenchon, ma anche a una presa di posizione chiara contro lo strapotere della finanza.
Anche all’estrema destra, Marine Le Pen ha tenuto di fronte a Sarkozy, che pure ha impostato una campagna radicale per sottrarre elettori al Fronte nazionale, proprio perché la candidata frontista ha sbandierato il ritorno all’«indipendenza» della Francia, anche a costo di abbandonare l’euro e tornare al franco.
Sarkozy, che si è presentato come il baluardo contro i rischi di una deriva economica, sta perdendo perché nell’opinione pubblica è ormai stato raggiunto un punto di non ritorno: la cura di austerità  è respinta al mittente perché ha dimostrato, in Grecia e poi in Spagna, di aggravare i problemi – anche del debito e dei deficit – invece di risolverli. 
Hollande ha vinto la prima parte della sua scommessa. All’inizio titubante, ora ripete con più fermezza che vuole una svolta in Europa. Le agenzie di rating si possono accanire, ma anche il Fondo monetario internazionale gli sta dando ragione: «I mercati hanno un’attitudine schizofrenica – ha affermato Olivier Blanchard, capo economista dell’Fondo monetari – chiedono la riduzione dei deficit, ma reagiscono negativamente quando questa riduce la crescita».
Trovare l’equilibrio tra riduzione progressiva dei deficit e ripresa dell’economia sarà  il delicato compito di Hollande, in caso di vittoria. Il candidato socialista ha precisato che chiederà  alla zona euro di istituire dei «project bonds destinati ad investimenti europei, dei prestiti supplementari della Bei per progetti industriali, nell’energia e nelle infrastrutture». 
Da Berlino, la cancelliera Angela Merkel mantiene il diktat del «risanamento prima di tutto», ma anche l’intransigenza della cancelliera alleata di Sarkozy potrebbe ammorbidirsi: la Cdu ha bisogno dell’Spd per far passare il Fiscal Pack al Bundestag. Anche se, in caso di vittoria, Hollande resterà  nell’immediato quasi isolato come dirigente socialdemocratico nella zona euro (in attesa di una vittoria dell’Spd in Germania nel 2013), le sue posizioni potrebbero ricevere l’appoggio di un ampio fronte di paesi governati dalla destra. Certo, la strada per recuperare la crescita non è la stessa se vista da sinistra o da destra, ma lo stimolo è ormai considerato indispensabile. Per questo, anche a Madrid il premier Mariano Rajoy non vedrebbe di cattivo occhio una vittoria di Hollande.


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