La potente attesa per mettere a fuoco una realtà  rimossa

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Una prigione dorata per Filippo Ermini, in cui il giovane professore universitario si è rinchiuso volontariamente, dopo l’incidente di motocicletta che l’ha costretto su di una sedia a rotelle. E ha preso possesso dell’appartamento dei genitori morti da tempo, accudito dal domestico da sempre al servizio della sua famiglia, il peruviano Isidro, soprannominato l’Indispensabile. La vita di Filippo trascorre monotona tra cupi pensieri per la sua condizione di handicappato, la preparazione per un misterioso – ma neanche tanto, per il lettore – progetto da realizzare, il coinvolgimento, pur tenendosi a distanza, nel gossip condominiale e l’osservazione da lontano – quasi novello, ma tetro, James Stewart di La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock – della vita dei condomini, soprattutto quando, durante la stagione estiva, la piscina diviene il cuore del microcosmo di Villa Magnolia. Improvvisamente, però, arriva un nuovo inquilino, Rodolfo Raschiani, detto Rudy, un misterioso e affascinante ingegnere, e la vita di tutti non sarà  più la stessa.
Queste le premesse, il quadro generale su cui si innesta la storia raccontata nel romanzo di Luigi Carletti, intitolato Prigione con piscina (pp. 221, euro 17) e uscito di recente per Mondadori. Definito «un giallo» nel risvolto di copertina, in realtà  il romanzo si rivela un giallo alquanto anomalo. Certo, ci sono degli omicidi, ma si sa subito chi sono i responsabili. Certo il protagonista, Filippo Ermini, si troverà  ad indagare, ma non su tali delitti. E poi ci saranno rivelazioni, colpi di scena, che riguarderanno i personaggi principali e in primis lo stesso Filippo. Si farà  luce sul passato di alcuni, saranno coinvolti nel gioco anche i sevizi segreti. E cambierà  profondamente la vita e la visione del mondo del protagonista. Niente di più distante, dunque, dal giallo classico, quello della cosiddetta «camera chiusa». Ma niente di più distante anche dal noir, con la sua visione pessimistica e corrosiva della società  borghese. Di entrambi i generi, però, resta, potente, la suspence, l’attesa per qualcosa che sta per succedere. E, forse, il nume tutelare di questo romanzo è proprio quell’Alfred Hitchcock citato, anche se in maniera distorta, nella figura del protagonista. 
Il maestro della suspence, infatti, viene in mente per una serie di elementi rintracciabili nel testo di Carletti. Oltre, naturalmente, alla tensione che spinge a leggere il libro di un fiato, si ritrovano nel romanzo quel gusto per lo scavo nella psiche del protagonista, che porta a farne emergere anche i lati oscuri e perversi. Basti pensare al rapporto di Filippo con i genitori o a quello col sesso. Non solo, si ritrova nel romanzo quella stessa amoralità  presente in tanti film hitchcockiani, per cui il bene e il male, il giusto e l’ingiusto non vengono rappresentati con caratteri netti e definiti, anzi. Infine, il linguaggio usato da Carletti, pur mantenendo tutte le caratteristiche della leggibilità  e della rapidità , è un linguaggio colto, letterario, in qualche misura raffinato, dove è possibile ritrovare anche figure retoriche come le sinestesie. Come – chiaramente fatte le debite proporzioni – il linguaggio filmico di Hitchcock che, con i suoi movimenti di macchina, le sue scelte registiche, ha segnato in maniera indelebile la storia del cinema, coniugando in maniera magistrale raffinatezza stilistica e convenzioni di genere.


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