Le dimissioni di Renzo Bossi «Io sereno, so cosa ho fatto»

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MILANO — Renzo Bossi lascia la poltrona in consiglio regionale. Contenti? Mica tanto: c’è quello che, non soddisfatto, vuole l’espulsione dal movimento del Trota, c’è chi invoca la cacciata di tutto il cerchio magico, Rosi Mauro in testa, e ci sono anche quelli che ironizzano sulle motivazioni che papà  Umberto ha fornito al passo indietro del figliolo: «In Regione non si trovava bene…».
Veleni in libera uscita in casa Carroccio: Bossi nei giorni scorsi aveva paventato come massimo pericolo per il movimento le spaccature interne, il far west del tutti contro tutti. Ed è proprio questo il precipizio verso cui la Lega ha marciato spedita per tutta la giornata di ieri, in un crescendo di dichiarazioni tra i maggiorenti del movimento che non lasciano sperare in una tregua imminente. Renzo Bossi aveva annunciato l’intenzione di lasciare il posto di consigliere regionale della Lombardia. «In questo momento di difficoltà  e senza che nessuno me l’abbia chiesto faccio un passo indietro e mi dimetto» dice il giovane Bossi ai microfoni del Tgcom. E aggiunge: «Sono sereno, so che cosa ho fatto e soprattutto che cosa non ho fatto. In consiglio regionale negli ultimi mesi ci sono stati avvenimenti che hanno visto indagate alcune persone. Io non sono indagato, ma credo sia giusto e opportuno fare un passo indietro per il movimento». Più tardi viene diffuso anche il contenuto di una lettera di Renzo al quotidiano Bresciaoggi: «Ritorno tra i ranghi per evitare che a pagare le conseguenze dell’attacco incrociato sia l’intero movimento e soprattutto mio padre. Da lui ho sempre preso esempio, nella vita e in politica, cercando di mutuare nel quotidiano i valori con cui ci ha cresciuti: rispetto, morale e coerenza. Lui si è dimesso da segretario della Lega per lasciare la giusta libertà  di difesa. Io mi dimetto da consigliere regionale per evitare di prestare il fianco a nuovi ed infondati attacchi. Ho la tranquillità  di chi sa che non ha mai fatto nulla di quello che è stato riportato dai media».
Bene, bravo: nel giro di pochi minuti è un fiorire di dichiarazioni e commenti che spaziano dagli elogi di Monica Rizzi («Atto di estrema maturità  politica») al sarcasmo di Matteo Salvini («Che peccato…»). Ma a gettare un’ombra sulla nobiltà  del passo indietro arriva un inatteso autogol di Bossi senior; tallonato dai cronisti all’uscita della casa di Gemonio così commenta il beau geste: «Ha fatto bene a dimettersi, erano due mesi che mi diceva che era stufo di stare in Regione».
Parole non gradite al «popolo delle ramazze» che si appresta stasera a invadere Bergamo: lì si sono dati appuntamento i militanti duri e puri, quelli che pagano di tasca propria l’affitto delle sedi e le bollette del telefono, altro che Porsche a spese del partito. Per la platea leghista l’opera di pulizia necessita di un ulteriore passaggio, l’allontanamento di Rosi Mauro. Un invito a imboccare la porta d’uscita è stato rivolto alla vicepresidente del Senato anche da Roberto Calderoli: «Non c’è nessun obbligo giuridico ma sarebbe opportuno e altrettanto giusto se Rosi Mauro si dimettesse per dimostrare che si vuole più bene alla Lega che a sé stessi». 
La Mauro per ora è tenuta in vita politicamente dallo stesso Umberto Bossi, che alle richieste di espulsione replica con un diplomatico «vedremo…», ma non sarà  facile controllare l’ansia purificatrice che scuote la base del movimento. Da Brescia invocano l’espulsione del Trota, dagli sfogatoi di Radio Padania e di Facebook vengono chieste le dimissioni di Reguzzoni, Monica Rizzi e di tutti quelli del cerchio magico. E dopo? «E poi Luca Zaia deve diventare nuovo segretario federale» proclama dal Veneto Gian Paolo Gobbo, subito rintuzzato dai lombardi che invece vogliono Bobo Maroni alla guida del Carroccio. Ma il senatore Armando Valli ci mette del suo per riaccendere la baruffa: «Ci sono personaggi che sognano una diversa leadership, ma certi sogni possono turbare loro stessi con tutte le beghe giudiziarie di cui sono protagonisti. Ora si attaccano al carro dell’ex ministro dell’Interno al quale chiedo: dov’era finora? Sapeva o non sapeva, quando era al Viminale, di quello che sta uscendo ora?».


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