L’emergenza debito I titoli di Stato Boccata d’ossigeno dalle aste 2012 a fine anno “tesoretto” di 15 miliardi

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MILANO – Il Tesoro stacca di un mese la speculazione nel braccio di ferro sul debito pubblico italiano. La frenata degli spread dai 575 punti dello scorso novembre ha consentito a via XX settembre di schiacciare l’acceleratore delle aste di titoli di Stato nel 2012 mettendo fieno- leggi liquidità – in cascina per prevenire eventuali corto-circuiti dei mercati. Da gennaio a oggi l’Italia ha venduto Bot e Btp per 175 miliardi, 26 in più di quelli scaduti, coprendo così in anticipo il 39% della raccolta prevista per l’intero anno. La strada è ancora lunga: il fabbisogno dello Stato (28 miliardi nel primo trimestre) si mangerà  parte di questa dote e entro dicembre Roma dovrà  piazzare altri 275 miliardi di titoli. La partenza a razzo però ha consentito di doppiare senza danni le maxi-scadenze da 120 miliardi previste tra febbraio e aprile. Uno scoglio temutissimo dal mercato e che fino a pochi mesi fa sembrava quasi insormontabile. L’EFFETTO MONTI-DRAGHI Da novembre, in effetti, molte cose sono cambiate. Allora il Tesoro doveva garantire al mercato un interesse del 6,08% per riuscire a vendere un Bot a 12 mesi, tasso che saliva al 7,89% per i buoni triennali. Nelle aste degli ultimi due giorni – malgrado qualche fibrillazione sull’asse Italia-Spagna – i rendimenti si sono scesi al 2,84%e al 3,79%. Numeri che hanno una doppia spiegazione: le riforme del governo Monti, fondamentali per ridimensionare lo spread a 362 punti e i mille miliardi di liquidità  low-cost garantiti dalla Bce alle banche europee. Gli istituti italiani hanno prelevato dal Bancomat di Francoforte 255 miliardi, utilizzando un po’ di questa montagna d’oro (58 miliardi) per aumentare in tre mesi da 209 a 267 miliardi i titoli di stato tricolori nel loro portafoglio.

I BENEFICI PER GLI ITALIANI Il successo delle aste 2012 è una buona notizia anche per le tasche degli italiani. Il Salva-Italia varato a dicembre con i mercati ancora in tilt aveva messo in preventivo una spesa di 94 miliardi per pagare gli interessi sul nostro debito pubblico. Oggi, con lo spread calato di 150 punti, i numeri sono diversi. E il conto finale – salvo sorprese nella seconda parte dell’anno – sarà  vicino agli 81 miliardi. Risultato: un inatteso tesoretto di 15 miliardi (50 nell’arco del triennio) che fa molto comodo al governo Monti. Il Tesoro però ha pagato un piccolo pedaggio per raggiungere questi obiettivi: l’accorciamento della vita media del nostro debito. I mercati faticano ancora a comprare titoli italiani a lungo termine (i prestiti Bce durano tre anni). E per assecondare la domanda, via XX settembre ha aumentato l’emissione di Bot a breve termine.

A dicembre la durata media dei 1.618 miliardi di debito tricolore era di sette anni e due mesi.

Oggi si è ridotta a 6 anni e nove mesi. LE ASTE DEGLI ALTRI Gli operatori, naturalmente, continuano a predicare prudenza. E gli ultimi giorni – con il ritorno della speculazione e il minirialzo dei tassi – sono un campanello d’allarme per chi era tentato di abbassare la guardia. L’Italia nonè comunque la solaa dover fare i conti con i capricci dei mercati. L’ultima asta di Bonos spagnoli, ad esempio, ha registrato una domanda inferiore dell’offerta. E le tensioni sono tracimate pure sugli Oat francesi. L’unica a fregarsi le mani è la Germania. L’asta sui Bund decennali di questa settimana si è chiusa con un rendimento dell’1,75%, Meno dell’inflazione tedesca (2,1%), segno che sui mercati c’è chi è disposto a perdere denaro in termini reali pur di mettere al sicuro i suoi quattrini affidandoli ad Angela Merkel. L’Europa sarà  piena di paesi indisciplinati e poco affidabili, come dicono in Bundesbank.

Ma Berlino, alla fine, rischia pure di guadagnarci qualcosa.


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