«Il disagio del nord non è svanito»

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Il deputato Daniele Marantelli è uno dei principali esponenti di quel Pd del Nord che ha sempre dialogato con la Lega. E’ varesino. Ha rapporti frequenti con Bossi ed è un amico di Roberto Maroni. Ci tiene a ribadire che ha militato nel Pci e che è di sinistra, anche se lui i leghisti li conosce molto bene.

Cosa pensi di questo cataclisma?
Stanno emergendo episodi di una gravità  sconcertante, se poi fossero vere le contiguità  con la ‘ndrangheta vorrebbe dire che stiamo parlando di fatti che vanno al di là  del bene e del male. 

Sì, ma quello che più colpisce sono gli affari che lambiscono la famiglia Bossi. Per uno come te non credo siano davvero delle sorprese.
Insieme ad altri mi ero permesso di segnalare che in Lega non tutto andava per il verso giusto. Per anni hanno appoggiato tutte le nefandezze del governo Berlusconi sulla giustizia e salvato vari esponenti del Pdl ormai compromessi. In cambio di cosa? Di nulla. Altro che federalismo… i comuni non sono mai stati così tartassati, la crisi è stata negata. Questa è la responsabilità  politica evidente della Lega e non è spiegabile se non con motivazioni che ora sembrano emergere. Per quanto riguarda la famiglia bisogna sempre ricordare che Bossi dopo la malattia non è stato più lo stesso. Ha introiettato in un modo impensabile l’attaccamento viscerale alla famgilia.

Cos’è cambiato davvero quel giorno del 2004?
Bossi non era più il cavallo selvaggio che tutti conoscevano. Sono andato a trovarlo in ospedale a Varese nello stesso reparto dove era stata ricoverata mia madre. Era chiaro a tutti che da quel momento nulla sarebbe più stato come prima. Sul piano umano la sua ripresa è stata quasi miracolosa ma era inimmaginabile che avesse la forza per reggere le fatiche e le pressioni di un leader politico. Da qui il cerchio protettivo che gli è stato costruito intorno e che ha filtrato e selezionato notizie e decisioni.

Ti aspettavi che si sarebbe dimesso?
Quando gli ho parlato ho visto che quando è tranquillo riesce ancora a stare sulla palla, ma quando è sotto pressione è condizionato.

Sembra che questa volta le colpe dei figli siano ricadute sul padre.
Sì, è proprio vero. Qui le prodezze dei figli le conoscevamo tutti. Il suo errore è stato far scendere in politica Renzo. La sua elezione al Pirellone è stata un duro colpo che ha fatto perdere gli elettori meno militanti. Ma insomma il Trota è un ragazzo! Sono molto più grandi le responsabilità  di quei dirigenti leghisti che hanno assecondato e incoraggiato questi errori per trarne vantaggio. 

E il tuo amico Maroni, adesso il capo è lui.
Amici sì, ma da schieramenti opposti. Credo che Bobo sia molto preoccupato, sa benissimo che la sua posizione è scomoda. Il primo problema adesso è tenere insieme il partito .

Maroni non sarà  Giuda ma non è neppure un santo, è impossibile che non sapesse da tempo che cosa succedeva in casa Bossi?
Lui faceva il ministro e queste cose legate alle gestione del partito le ha un po’ lasciate da parte. Certo qualcosa sapeva ma credo che non volesse entrare a gamba tesa nella gestione del partitto perché si rendeva conto che questo voleva dire mettere in discussione Bossi con cui ha sempre avuto un rapporto speciale. E poi sapeva che il Senatur resta un simbolo imprescindibile per il movimento.

Quando ha cambiato idea? 
Dopo le elezioni amministrative dello scorso anno. E poi a Pontida. Lì credo che in Lega si è capito che Maroni era l’unica via di uscita dopo anni di alleanza con Berlusconi.

E adesso che succederà ? Può nascere una Lega moderna o è davvero finita?
La Lega che conoscevamo non c’è e non ci sarà  più. Ma il disagio che ha determinato la nascita e la crescita della Lega al nord c’è e continuerà  a esserci. Dietro i giochi di alleanze e i traumi delle inchieste c’è la realtà  sociale di un territorio. Adesso siamo nella situazione in cui i mercati comandano, i tecnici eseguono e i politici come me fanno interviste. Bisogna tornare ad impegnarsi sui contenuti, prima di tutto il lavoro. E’ su questo che si deve sfidare la Lega in crisi. 

Sì, ma la Lega non è certo il primo partito colpito dalle inchieste, e soprattutto non sostiene Monti. Il Pd invece sì.
E’ una scelta cinica quella dei leghisti, hanno portato con Berlusconi il paese sull’orlo del baratro e adesso si rifiutano di fare i pompieri. Ed è vero, la spinta a fare di tutta l’erba un fascio è sempre stata un’arma vincente del populismo. E’ presto per dire come andranno le cose in Lega, credo che neppure le prossime elezioni amministrative siano un test significativo. Si capirà  meglio a ottobre, quando ci sarà  il congresso.


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