Partiti timidi sulla rinuncia ai rimborsi 100.000.000

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ROMA — E se i partiti decidessero di chiudere da subito i rubinetti del finanziamento pubblico? Se accettassero, sull’onda degli scandali che rischiano di travolgerli, di rinunciare all’ultima tranche di rimborsi elettorali per questa legislatura facendo risparmiare allo Stato 100 milioni di euro? La suggestione lanciata sul Corriere di ieri da Antonio Polito fa discutere i partiti e li costringe a guardarsi allo specchio, a rivelare quanto ci sia di concreto nella promessa solenne di autoriformarsi.
Nel Pdl la proposta dell’ex direttore del Riformista, già  senatore democratico, è stata accolta con interesse. I parlamentari che provengono da An sono dubbiosi, ma nel complesso il partito di Berlusconi e Alfano è aperto all’idea di limitare i fondi per passare a nuove forme di sostentamento, mutuate dal modello americano. Il Terzo Polo è combattuto, i Radicali sono tradizionalmente favorevoli e l’Idv firmerebbe oggi stesso per azzerare i rimborsi, presenti e futuri. Nel Pd invece prevale la linea di Bersani, il timore cioè che la riduzione dei rimborsi pubblici possa spianare la strada alle lobby e trasformare la nostra democrazia in una «plutocrazia», con i partiti manovrati dalle grandi ricchezze. «Magari potessero bastare cento milioni per risolvere il problema degli esodati — sospira Gianclaudio Bressa, il vicecapogruppo del Pd a Montecitorio che sta lavorando alle nuove norme —. Fosse così, direi di sì al volo alla proposta di Polito».
Benedetto Della Vedova, il capogruppo di Fli alla Camera che Gianfranco Fini ha voluto al tavolo della riforma, concorda con l’editorialista del Corriere e chiede ai partiti «un po’ di fantasia» per inventarsi un modello diverso: «Questo finanziamento pubblico produce partecipazione? Qualità  delle classi dirigenti? Io penso di no e anche chi lo considera essenziale per la vita politica converrà  che i livelli raggiunti vanno ben al di là  del necessario». Troppi soldi, ecco il punto secondo Della Vedova. Il quale però non vuole «fare la maestrina» perché il suo partito è così giovane che i 100 milioni in arrivo non lo riguardano.
Diversa la situazione del Pdl, dove però le opinioni sono le più disparate. A Osvaldo Napoli piacerebbe risolvere con i soldi dei rimborsi 2008 il dramma degli esodati, «sarebbe un messaggio forte, un sacrificio che potrebbe salvare la politica». Ma l’idea di tirare la cinghia votando un decreto del governo che azzeri i rimborsi in arrivo è esplosiva e al vertice dei partiti viene maneggiata con cautela. «Polito? È un’ipotesi in ballo, dobbiamo discuterne — risponde in sala stampa alla Camera il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto —. Sono questioni serie da affrontare in fretta, ma non possiamo e non dobbiamo decidere sulla base dell’onda emotiva». Nel Pdl prevale l’orientamento favorevole, eppure la prudenza del presidente dei deputati conferma che oggi, al tavolo dove si scriverà  la riforma del finanziamento, la questione sarà  maneggiata con le molle. «Siamo contrari all’interruzione immediata dei rimborsi elettorali già  attribuiti — anticipa la posizione dell’Udc il segretario Lorenzo Cesa —. Si può lavorare però su una forma più graduale, che preveda contribuzioni private con opportune defiscalizzazioni da parte dello Stato, che progressivamente arrivino a sostituire nel corso di qualche anno il rimborso delle spese elettorali».
Quale sia il problema lo spiega il democratico Francesco Boccia, che pure è favorevole all’idea di rinunciare ai cento milioni dell’ultima tranche di rimborsi: «Io sono d’accordo con Polito, ha lanciato una proposta di buon senso che si potrebbe accogliere già  dalla prossima legislatura. Ma i partiti minori, che non hanno le spalle larghe come il Pd, possono aver richiesto alle banche finanziamenti anticipati…». E la stessa preoccupazione evidenzia il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: «Si può decidere delle cifre successive, ma su quelle già  stabilite sarei prudente, perché alcuni partiti possono aver già  impegnato quei soldi con anticipazioni bancarie».
Nel Pd nessuno ne fa una questione tecnica, per i democratici il tema è squisitamente politico e riguarda la natura stessa dei partiti e del loro rapporto con la società . «L’idea va valutata nel quadro generale delle iniziative che il partito deciderà  di assumere — rinvia il problema Sergio D’Antoni —. Sarebbe facile dire sì, rinunciamo a quei soldi, ma credo che una scelta simile avrebbe un sapore demagogico». Ettore Rosato, tesoriere del Pd alla Camera, è pronto a tagliare i rimborsi ai partiti «morti», come Ds e Margherita, ma sulla sforbiciata alle forze «in vita» non è d’accordo: «Se il Pd non riceve più i soldi dei rimborsi licenzia la gente! Vie di mezzo non ce ne sono, o finanziamo i partiti con denari pubblici o facciamo campagne alla Obama, dove i cittadini contribuiscono anche solo con 10 dollari. Ma che il finanziamento sia a carico delle lobby è molto rischioso».
Antonio Di Pietro è pronto alla sfida. Il leader dell’Idv vorrebbe che «la proposta Polito diventasse legge» e che l’autoriforma dei partiti fosse la più forte possibile: «Drastica riduzione dei rimborsi e verifiche da parte della Corte dei Conti». Paola Binetti, Udc, ha presentato una mozione per discutere un codice etico dei partiti: «Mi sta bene l’idea di Polito, o noi cambiamo o i cittadini cambiano noi…». I Radicali lo vanno ripetendo da anni. «Non solo i partiti, come propone Polito, non devono prendere l’ultima tranche dei rimborsi — vorrebbe azzerare tutto Maurizio Turco —. Ma dovrebbero restituire tutti i soldi che hanno preso in più».


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