Snam, ipotesi d’accordo Eni-governo vendita a Cdp e dividendi in azioni

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Ma ancor più importanti sono le trattative tra il governo e l’ad di Eni Paolo Scaroni che stanno convergendo su una road map condivisa. Il cane a sei zampe vuole una vendita che piaccia ai soci delle due società  coinvolte, specie ai fondi stranieri. Dall’altro lato Mario Monti e Corrado Passera vorrebbero che la Snam “indipendente” rimanesse sotto il controllo pubblico, ma senza esborsi vista la scarsità  di risorse.

Una via stretta – niente regali allo Stato italiano, ma neanche vantaggi per Eni a danno del bilancio pubblico – che finora ha bloccato ogni proposta, come quella di una scissione. La chiave potrebbe essere stata trovata nel portafoglio di Eni grazie al 9,3% di azioni proprie che Scaroni ha accumulato in questi anni attraverso varie operazioni di buy-back. L’idea è quella di annullarle, come da tempo i soci chiedono ai vertici della società , in questo modo tutti gli azionisti vedrebbero crescere il valore delle proprie quote (allo stesso capitale corrisponde un numero minore di titoli in circolazione).

Primo beneficiario sarebbe proprio lo Stato che, sommando la quota della Cassa depositi e prestiti e del ministero dell’Economia, controlla il 30,3% che salirebbe a 33,4% per effetto della sparizione del 9,3%.

A quel punto via XX settembre potrebbe vendere un 3,4% di Eni, tornare al 30%, ma avere i fondi (più di 2 miliardi di euro) per acquistare un primo pacchetto da 16-17% di Snam. L’altro passaggio toccherebbe ancora al Cda di Eni che potrebbe dare l’opzione ai soci di riscuotere i prossimi dividendi (a settembre prossimo e a maggio 2013) in denaro o in azioni Snam. Così Cdp e Tesoro incasserebbero un altro 10%; più improbabile, ma sul tavolo, la possibilità  che la Cdp paghi direttamente 1,7 miliardi. Il 25% delle azioni assicura già  il controllo della società , ma Cdp potrebbe arrotondare la quota al 29-30% (e pareggiare l’assetto che c’è già  sull’altra società  di rete, Terna) girando a Snam il gasdotto Tag, comprato l’anno scorso da Eni per 700 milioni. Nel frattempo Eni venderebbe sul mercato l’ultimo 22,5% in suo possesso, (3 miliardi d’incasso potenziale) magari in più tornate per preservare il valore del titolo Snam. L’Eni venderebbe Snama prezzi di mercato, risparmierebbe sui dividendi, deconsolidando almeno 11 miliardi di debito. Lo Stato rinuncia però a circa 3-4 miliardi (dividendi 2013 e quel 3% di Eni) d’incassi futuri. Le trattative sono in stato avanzato, ma prima dell’ok definitivo di Monti servirà  un passaggio a Bruxelles per ottenere un nulla osta dalla Commissione Ue.


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