Vendola: “Contro l’antipolitica subito in autunno stati generali a sinistra”

by Editore | 23 Aprile 2012 9:20

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ROMA «C’è un’onda melmosa di livore che sostituisce l’analisi, grugniti al posto delle strategie» Nichi Vendola capo di Sinistra e libertà  Vendola Il governatore della Puglia e leader di Sel, Nichi Vendola
La prima risposta che il centrosinistra deve dare a questa ondata di antipolitica è convocare da subito gli Stati generali del futuro. In autunno, una grande iniziativa che rimetta in corsa l’alleanza di tutta la sinistra e riconnetta quest’ultima con la società  e soprattutto con i giovani». Nichi Vendola è impegnato in un tour de force elettorale nel Nord: «E qui ho sempre trovato piazze piene. Altro che antipolitica… ».
Un problema troppo enfatizzato, secondo lei?
«Non voglio dire questo. Penso che si tratti di un’onda melmosa gonfia di passioni tristi, di livore che sostituisce l’analisi, di grugniti che prendono il posto delle strategia. Una sorta di bestemmia liberatoria che dovrebbe farci sentire tutti meglio».
Sta parlando di Beppe Grillo?
«Non parlo di nessuno in particolare, vedo semplicemente un rito collettivo fatto di esorcismi: basta cacciare il demone della politica e siamo tutti contenti».
Beh, la politica negli ultimi anni non è mica stata così angelica…
«Infatti l’antipolitica è la forma più viscerale e più pericolosa della cattiva politica. Perché nasce da un gigantesco pregiudizio, cioè che la complessità  sia un’invenzione del Maligno, che la mediazione sia deteriore e che la democrazia sia una ciclopica frottola. E’ insomma il frutto avvelenato di una stagione politica avara di ideali e di passioni».
Ma la politica come può riemergere da questa onda melmosa?
«La malattia della politica sta nella sua separazione dalla questione sociale, nell’incapacità  di cogliere l’acutezza di una crisi insopportabile, di un dolore estenuante che sta tutto dentro la precarizzazione del lavoro e nell’esclusione delle giovani generazioni dalla dimensione del futuro. Per i nostri nonni, il futuro era il tempo della speranza, dell’emancipazione, era una promessa di benessere. Oggi è un vuoto a perdere, un non-tempo, sabbie mobili nelle quali più ti agiti e più sprofondi. Ecco perché propongo al centrosinistra gli Stati generali del futuro in cui stipulare prima di tutto un patto con i giovani».
Così si potrebbe disinnescare l’antipolitica?
«E’ evidente che la rabbia nei confronti dei partiti nasce dalla loro totale afasia verso le ingiustizie sociali. Dei partiti e di questo governo tecnico. Verso il quale io avevo anche fatto un’apertura di credito che però sono stato costretto a ritirare visti i provvedimenti che ha preso sulla pensioni e sul mercato del lavoro, forte con i deboli e debolissimo con i forti. Per non parlare dei continui annunci sulla famosa crescita, spot pubblicitari che ricordano molto da vicino Berlusconi».
Eppure noi qualche mese fa eravamo sull’orlo del baratro, qualcuno doveva pur frenare la caduta del Paese.
«Certo, ed è proprio per questo motivo che noi di Sel non ci eravamo messi di traverso. Ma adesso vedo una situazione molto preoccupante, un mix esplosivo fatto di recessione, disoccupazione di massa e crisi dei partiti che l’Europa ha già  vissuto negli Anni Venti e Trenta. Lo sbocco furono populismi reazionari che diedero vita al fascismo. Non lo dico per allarmismo ma perché avverto il pericolo di un antieuropeismo crescente che finisce nelle pozzanghere delle piccole patrie, di micronazionalismi colmi di xenofobia e razzismo. Di fronte a tutto questo non mi pare proprio che il governo Monti stia dando risposte adeguate, spero invece che il voto francese, premiando Hollande, inverta la tendenza segnando la via d’uscita dal liberismo».
Tornando in Italia, la sua alleanza col Pd non sembra così in salute.
«Io non mollo, quello è il mio obiettivo. Penso però che il centrosinistra debba liberarsi dalle prigioni del tatticismo, non può continuare a vivere nell’attesa che giunga Godot, ossia i Moderati, il Centro. Non può continuare a parlare di riforme come se fossero la panacea di tutti i mali. Si facciano due o tre cose fondamentali come la legge elettorale e un drastico taglio ai rimborsi elettorali. E poi si esca da questa gabbia di Palazzo e si vada a bussare alla porta di chi è in crisi di astinenza, penso anche al ceto medio, perché ha bisogno della politica. Ma di una politica che proponga cambiamenti reali».

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