Wsj: Monti si è arreso, non è la Thatcher la replica: riforma del lavoro equilibrata
Monti si è arreso ai sindacati cedendo sulla riforma del lavoro e dunque «è giunto il tempo di ritirare le lodi» al primo ministro italiano perché è finita «la speranza che il professore potesse essere un leader del calibro di Margaret Thatcher, capace di affrontare i moderni Scargill». Il Wall Street Journal cede alla tentazione di leggere l’attualità con gli occhiali degli anni Ottanta e rimprovera Mario Monti per le modifiche all’articolo 18. Il premier italiano risponde a stretto giro di posta con la consueta ironia. Prima ricordando le date piuttosto ravvicinate in cui il quotidiano statunitense lo aveva incensato (27 marzo) e attaccato (6 aprile). Poi sottolineando: «Non ho mai preteso di essere la Thatcher italiana. Dunque non ho obiezioni se voi mi ritirate il titolo». Secondo Monti, sulla riforma «sarebbe utile un’analisi approfondita piuttosto che giudizi affrettati». Il primo ministro italiano fa anche osservare, al giornale che aveva ospitato le critiche di Confindustria, che gli attacchi subiti dai principali sindacati sono la dimostrazione di quanto sia stata equilibrata la modifica proposta.
La lettera di Monti è l’ultimo atto di una polemica innescata dalla scelta di Emma Marcegaglia, presidente uscente di Confindustria, di denigrare la riforma italiana («very bad») rilasciando interviste al Financial Times e allo stesso Wall Street Journal per mettere in cattiva luce l’Italia sulle principali piazze finanziarie mondiali. Un colpo di coda da ultimo mese di mandato che a Palazzo Chigi viene considerato un gesto di somma irresponsabilità . E che non deve essere piaciuto nemmeno a Torino dove Sergio Marchionne, certo non tenero con i sindacati italiani, ha colto una nuova occasione per prendere le distanze da Marcegaglia limitandosi a sottolineare che «sulla riforma del lavoro saranno i mercati a dire se si tratta di una buona legge o no. Non è compito mio mettermi nei panni di Monti per decidere qual è il giusto punto di equilibrio sull’articolo 18. L’importante è fare delle scelte chiare e farle in fretta. Poi il mondo deciderà ».
Non tutti all’estero attaccano la riforma di Monti. Il settimanale economico francese Les Echos, fa osservare con una dose d’invidia che le ricette di Monti su liberalizzazione e innovazione «sono quelle proposte nel 2008 dalla commissione Attali» (della quale faceva parte lo stesso Monti) e rimaste in parte lettera morta in Francia mentre in Italia potrebbero essere realizzate. L’apprezzamento è stato notato con soddisfazione a Palazzo Chigi.
Certo il momento della verità arriverà con il voto parlamentare e nel centrodestra è forte la tentazione di cavalcare l’irritazione di Emma Marcegaglia. «La riforma andrà migliorata in Parlamento», dice per il Pdl Daniele Capezzone secondo il quale «c’è il rischio di un indebolimento della legge». Sul versante sindacale la Cgil annuncia la sospensione della raccolta di firme contro la modifica dell’articolo 18 ma promette di proseguire la mobilitazione per migliorare ulteriormente il testo. Un appello ad evitare che il Parlamento stravolga l’equilibrio della legge viene da Pierferdinando Casini: «Il Parlamento non può essere un passacarte ma nemmeno modificare la tenuta sostanziale di una riforma sulla quale c’è stata un’intesa».
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