Adinolfi in mente, Rossa nel cuore Genova ri-dice no al terrorismo

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La piazza è piena per un quinto. Dei diecimila che ci si aspetta, sono davvero molti quelli che mancano all’appello. Ci sono tante teste grigie e pochissimi giovani alla manifestazione in piazza De Ferrari, dieci giorni dopo l’attentato al manager di Ansaldo nucleare Roberto Adinolfi in via Montello. Tutti condannano la violenza ma si interrogano anche su che cose ne è della politica e dello stato sociale. Insomma quali sono le risposte politiche. «C’è malessere e insoddisfazione, c’è cassa integrazione e progetti di ristrutturazione nelle fabbriche, ma l’agguato al quale abbiamo assistito non ha nessun riferimento con le problematiche che attraversano il mondo del lavoro», commenta il segretario della Fiom genovese, Francesco Grondona. A due passi, in fondo a via XII Ottobre, c’è la statua di Guido Rossa, davanti alla quale viene deposta una corona di fiori. «Non siamo né negli anni Settanta, né negli anni di piombo, come viene affermato con faciloneria. Anche le lotte più radicali i lavoratori le hanno fatte a viso scoperto e a testa alta e sono state lotte di massa e non atti di qualche pazzo, a livello individuale». E parte il corteo, aperto dallo striscione con un puro e semplice «no al terrorismo».
Al di là  della grancassa dei media e del paventato ritorno al terrorismo, il gesto viene considerato per quello che è. E anche questo è molto genovese: «Speriamo sia un gesto isolato, vigliacco, un brutto episodio. Genova – dice anche il sindaco uscente Marta Vincenzi – saprà  prendere le distanze anche questa volta. Il Novecento è finito e il fine non giustifica i mezzi. Non sono le Br degli anni Settanta, non ci sono più le fabbriche, nè la dimensione sociologica. Certo si ripropone la tentazione di non seguire il percorso faticoso e lento della democrazia. E questa tentazione bisogna saperla riconoscere e contrastarla in ogni modo».
In piazza ci sono i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil e Fim, Fiom e Uilm, divise prima dagli accordi separati per Fincantieri), ci sono le vittime del terrorismo, Confindustria e il capellano del lavoro. Il candidato del centro-sinistra al ballottaggio di domenica e lunedì prossimo Marco Doria, si augura «coesione sociale, che vuol dire una società  più giusta, più equilibrata, capace di includere. Sul piano politico significa una società  in cui il confronto politico si svolge sul piano del confronto non violento, nelle istituzioni democratiche. E poi uno stato sociale che recupera risorse per le fasce più basse e le dà  ai comuni per finanziare progetti». 
Nessuno vuole stabilire un messo tra l’attentato e la crisi economica. Non lo dicono neppure gli autori, se è autentica la rivendicazione arrivata venerdì scorso al Corriere della Sera. «Le situazioni economiche difficilissime vissute da molti lavoratori non possono essere un alibi», dice il delegato sindacale di Fincantieri Fabio Carbonaro. Eppure, che qualcosa deve cambiare lo dicono tutti. Carbonaro parla di «equità , sostenibilità , socialità . Vogliamo un parlamento di onesti», urla quasi dal palco tra gli applausi. Il vicepresidente del consiglio regionale Luigi Morgillo parla di «politica umana che non stritoli i contribuenti» (Equitalia?). Anche il vicepresidente della Camera, Rosy Bindi, che chiude, condanna «questo gesto assurdo» e rievoca «la paura di quei giorni in cui il paese era tenuto in scacco dalla minaccia terroristica» e definisce la rivendicazione «delirante»: «E’ stato il referendum dello scorso anno che ha scelto le energie pulite non la violenza. La scienza è orientata da quella volontà  popolare». E poi conclude con «sì alla buona politica, no alla follia terrorista che si illude di alimentare paure del passato». Tra le pieghe compare anche il G8: «Genova è un teatro emblematico anche perché ha vissuto l’arbitrio più brutale col G8», dice Bindi. «Non è giusto che i giovani debbano capire da un film che cosa è successo nel 2001 perché non c’è stata un’inchiesta parlamentare», dice Vincenzi e anche qui scattano gli applausi. Insomma, come dice una ragazza tra i pochi under 30 presenti in piazza, «il mondo deve cambiare abbastanza in fretta. E’ assurdo che non abbiamo indipendenza economica e dobbiamo dipendere dai genitori o addirittura dai nonni per realizzare i nostri sogni». 
Intanto le indagini procedono. Gli inquirenti dicono che sono su una pista precisa e oggi si conoscerà  l’esito delle perizie balistiche sul bossolo ritrovato in via Montello. Potrebbe essere stato sparato da una Tokarev, perchè il bossolo ha delle scritte in cirillico e corrisponde al calibro, o forse da un’altra pistola semi-automatica.


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