Atene e crescita, G8 della crisi

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Franà§ois Hollande ha debuttato nel mondo, ieri, con l’incontro alla Casa Bianca con Barak Obama, anteprima dell’apertura del G8 a Camp David. I due presidenti si sono incontrati per la prima volta. Hollande, accompagnato dai ministri degli esteri Laurent Fabius e delle finanze Pierre Moscovici, è arrivato armato di regali per Michelle Obama made in Corrèze, la regione dove ha costruito la sua base elettorale. Un’idea di Valérie Trierweiler, la first girlfriend , come la chiamano con qualche imbarazzo i media statunitensi (è la prima volta che un presidente si presenta con una compagna senza essere sposato). Anche se Obama era stato suo malgrado trascinato da Sarkozy al suo fianco nella campagna elettorale francese (due interventi, tra cui un’intervista comune in tv), con Hollande ci sono dei punti comuni. Più facile superare l’imbarazzo che può rappresentare, a pochi mesi dalle presidenziali Usa, un’intesa con un partner «socialista», a cui Obama ha comunque promesso di far assaggiare il «cheeseburger di Chicago». Ma ieri è stato anche il giorno di Mario Monti al G8. Il presidente del consiglio, che qualcuno vede come il possibile mediatore, ha detto di essere «venuto a rappresentare un’Italia con le carte in regola», con le sue posizioni da esprimere con forza nel quadro europeo. L’Italia – ha sostenuto il premier poco prima di registrare un’intervista alla Cnn che sarà  trasmessa dall’emittente domenica – chiede una crescita molto più vigorosa, a livello mondiale ed europeo, per mantenere nel tempo quegli equilibri di bilancio pubblico che il nostro Paese «per primo e con tanta fatica ha raggiunto e intende mantenere in un quadro di crescita». Obama teme per la sua rielezione a causa dei «venti contrari» che arrivano dall’Europa in crisi. Hollande fa pressione sulla Germania per rinegoziare il fiscal pack , o almeno per poter aggiungere un capitolo sulla crescita, caro all’amministrazione Usa. I due presidenti condividono i punti di vista sulla necessità  di un migliore equilibrio tra austerità  e crescita. La sintonia è sulle «convergenze sulla crescita» in Europa, a favore di un patto di rilancio, con la promessa che entrambi «faranno di tutto» per impedire l’uscita della Grecia dall’euro. Hollande ha usato il termine di «solidarietà » verso Atene. Ma è Angela Merkel, ancora una volta, a mettersi di traverso. Nella sua telefonata con il presidente greco Karolos Papoulias, la cancelliera tedesca avrebbe caldeggiato l’idea di un referendum per testare la volontà  del Paese di restare nell’Eurozona. Papoulias conferma, Berlino smentisce poche ore dopo, da prassi. Ma la precipitazione della crisi di Atene sta rendendo drammatiche le ore del G8. Dall’Europa arrivano notizie preoccupanti: Bruxelles ha dovuto smentire la gaffe del commissario al Commercio Karel De Gucht, che ha evocato la possibilità  sempre più vicina dell’uscita della Grecia dall’euro, visto che «non c’è più nessuno che gli presti un soldo», se non intervengono Ue e Fmi. Alla vigilia, un preoccupato avvertimento era venuto da Christine Lagarde, direttrice dell’Fmi, secondo la quale l’opzione dell’uscita della Grecia dall’euro va presa in considerazione perché le istituzioni finanziarie non possono trovarsi impreparate. E il ministro delle finanze tedesco ha espresso analoga preoccupazione. L’agenzia Fitch ha degradato la Grecia a junk , a causa del «voto importante il 6 maggio ai partiti anti-austerità » e ai «fallimenti successivi a formare un nuovo governo». Alla Borsa di Londra le azioni del gruppo De La Rue, che stampa moneta per 150 paesi, sono salite dell’11% sull’onda della notizia che stesse riprendendo la fabbricazione della dracma. In Grecia c’è già  il bank run , la gente corre per ritirare i risparmi dalle banche, terrorizzata da una possibile riconversione forzata in dracme. In Spagna si delinea un fenomeno analogo. Il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schà¤uble, non vede l’uscita dal tunnel per l’Europa prima di 12-24 mesi. Obama e Hollande devono anche trovare un’intesa per il vertice Nato di Chicago di domenica e lunedì. Hollande ha ribadito il ritiro anticipato dall’Afghanistan a fine anno. Lo hanno già  fatto l’Olanda e il Canada, anche la Casa bianca prevede di lasciare, ma nel 2014, per evitare di dover fuggire sotto i colpi della sconfitta, come successe ai sovietici. Più problematica invece l’intesa sullo scudo antimissili in Europa, di cui Obama vorrebbe avviare la fase 2 per ragioni elettorali interne. Hollande riprende qui la tradizionale reticenza francese.


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