Crescita, la Merkel accerchiata e Hollande rilancia gli eurobond

Loading

CHICAGO – Franà§ois Hollande rilancerà  mercoledì sera alla cena-summit di Bruxelles gli eurobond, ovvero la garanzia tedesca su una parte del debito pubblico degli altri Stati membri dell’eurozona. Sarà  questa la tappa successiva al G8 presieduto da Barack Obama, un affondo “concordato” della nuova Francia socialista contro l’austerity d’impronta germanica, quest’ultima sempre più isolata a livello internazionale. E’ un G8 che per gli osservatori americani ha un bilancio chiaro: segna l’inizio della fine di Angela Merkel. Del resto Hollande ignora platealmente la cancelliera tedesca nel tracciare il suo consuntivo sul summit: «La crescita – dice il presidente francese – è stata al centro degli obiettivi che abbiamo discusso insieme, in particolare io, Obama e Monti». La stessa Merkel sente l’accerchiamento e adotta qualche cauta correzione di linguaggio: al bando la parola “austerity” divenuta ormai impresentabile, la cancelliera parla solo di “consolidamento fiscale” (come Obama e Monti) e si premura di sottolineare che «non deve essere incompatibile con la crescita». L’inizio del declino della Merkel segnerà  anche la fine della crisi dell’eurozona? Nessuno è così ingenuamente ottimista tra i leader riuniti qui a Chicago. Però si avverte nell’aria – di un caldo quasi tropicale che precede violenti temporali – il segnale di un cambiamento di clima, la fine di una stagione ossessivamente rigorista che ha precipitato l’eurozona nella sua seconda crisi dal 2008. Di questo cambio di atmosfera un barometro fedele è la Cnn che nel giorno di apertura del vertice Nato consacra Mario Monti «il più importante leader europeo», per il suo ruolo di cerniera nella manovra di Obama che punta a cambiare il mix delle politiche economiche. L’intervistatore Fareed Zakaria subito dopo Monti dà  la parola a Paul Krugman, il più keynesiano dei premi Nobel dell’economia, che insiste sul concetto caro alla Casa Bianca: l’austerity crea recessione e disoccupazione, è urgente che l’eurozona corregga i suoi errori.
Se questo duplice vertice tra Camp David e Chicago marca l’inizio di una parabola discendente per la cancelliera cristiano-democratica, Obama è attento a non infierire, evita con cura ogni sgarbo, o gli inutili trionfalismi. Anzi accentua la sua tradizionale cortesia. Il sabato sera, per esempio, Obama ha fatto capolino nello stesso chalet di Camp David dove Cameron e la Merkel guardavano la finale di Champions League tra Bayern e Chelsea. E il presidente americano – che di calcio un po’ capisce per via delle figlie che praticano “soccer” a scuola – ha voluto far sapere di avere tifato per la squadra tedesca, poi sconfitta ai rigori. Notevole anche il gesto di riguardo che ha dedicato alla cancelliera invitandola ad un incontro bilaterale post-vertice, riservato a loro due. L’istinto politico e il galateo diplomatico consigliano a Obama di non fare nulla che possa provocare risentimenti o arroccamenti nella sua interlocutrice. Tutta l’azione del presidente democratico è volta ad “accompagnare” un’evoluzione della politica economica europea. Se gli avessero dato retta fin dal G20 che presiedette a Pittsburgh (Pennsylvania) nel 2009, la “dottrina Obama” formulata allora avrebbe evitato errori tragici: quella dottrina indicava la necessità  di aumentare i consumi e le importazioni nei paesi a più forte attivo commerciale come Germania e Cina. Sorprendentemente, è il governo di Pechino ad aver applicato quel consiglio, che invece Berlino ha voluto ignorare. E i risultati si vedono, proprio Krugman ricorda che tutte le potenze economiche asiatiche hanno evitato la recessione grazie a robuste iniezioni di spesa pubblica. Ma oggi l’intransigenza tedesca comincia a mostrare crepe, Obama raccoglie i primi frutti di un formidabile rovesciamento nei rapporti di forze. Basta riguardare le foto di gruppo dei due ultimi vertici – il G8 di Deauville un anno fa, il G20 di Cannes nel novembre 2011 – per ritrovare uno schieramento ben diverso: con Nicolas Sarkozy docile interlocutore della Merkel, e un’Italia berlusconiana inesistente nel dibattito sulla politica economica. Della vecchia guardia resta tra i conservatori Cameron, che al termine di questo G8 conferma l’ultimatum alla Grecia: “Il suo voto il 17 giugno sarà  di fatto un sì o un no alla permanenza nell’euro”. E’ un messaggio che fa parte dei patti, e della divisione dei ruoli. Se i tedeschi dovranno concedere più solidarietà , bisogna rassicurarli sul fatto che altri paesi non ne approfittino per tornare a una gestione scriteriata delle finanze pubbliche.


Related Articles

Pechino dimentica che i mercati non si controllano

Loading

La leadership cinese appare sprovveduta come non mai e questo è un problema serio per il mondo intero

Ilva, scontro sul dissequestro dell’acciaio

Loading

 L’azienda: se arriva il sì sblocchiamo gli stipendi e risaniamo. Vendola: lo mettano per iscritto

 

1000 economisti scrivono al G20 per l’introduzione della Robin Tax

Loading

Wall Street e la 005

Mille Economisti  (di cui 100 italiani) chiedono al G20 e a Bill Gates: “E’ tempo di una Robin Hood Tax per far pagare la crisi anche agli speculatori”.

Mille economisti provenienti da 53 Paesi hanno scritto una lettera ai ministri finanziari del G20 e a Bill Gates per chiedere loro di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) il cui gettito possa finanziare le politiche di lotta alla povertà  globale, il contrasto ai cambiamenti climatici e il sostegno alle persone che stanno subendo gli effetti della crisi economia innescata dalla finanza speculativa.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment