Dalla Siria, la guerra civile incombe sul paese dei Cedri

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È stato con ogni probabilità  un incidente, l’auto del predicatore non si è fermata all’alt e i soldati hanno aperto il fuoco. I militanti sunniti però non ci credono. Per loro è stato un agguato compiuto su ordine dell’ intelligence libanese, legata ai servizi del regime siriano. Ahmed Abdul Wahed era un amico e collaboratore dell’ex premier Saad Hariri, leader del partito Mustaqbal (Futuro): un altro motivo per organizzare il «complotto», dicono a Bireh, ad Akkar, a Tripoli e nel resto del nord del Libano, storica roccaforte della militanza sunnita. «Sappiamo che lo sceicco Abdul Wahed è stato ucciso intenzionalmente da soldati (libanesi) legati ad Assad», ripeteva ieri il deputato Khaled Daher, di Mustaqbal. Daher alza il tiro, mette sotto accusa il governo di cui fa parte il partito «nemico» Hezbollah, alleato di Assad. Al deputato, ad Hariri, a dirigenti e militanti di Mustaqbal, non basta l’arresto di tre ufficiali dell’esercito libanese e di 19 soldati con l’accusa di coinvolgimento nell’assassinio del religioso. Intendono motivare ulteriormente i militanti sunniti nella provincia di Akkar, da dove secondo fonti locali partono gran parte dei rifornimenti clandestini di armi per i ribelli anti-Assad e che l’esercito libanese, su pressione della Siria, prova a bloccare con una ragnatela di posti di blocco. Un clima e una situazione sul terreno che possono esplodere in qualsiasi momento. La crisi siriana potrebbe gettare il Libano in una nuova guerra civile. E se tra il 1975 e il 1990 si sono combattuti prima musulmani e cristiani e poi le fazioni cristiane avverse, questa volta sono di fronte musulmani sunniti e sciiti. Lo si è visto a Tripoli nei giorni scorsi (10 morti e decine di feriti dopo l’arresto del leader salafita al Mawlawi). È accaduto nella notte tra domenica e lunedì a Tariq Jadida (Beirut) dove si sono affrontati per diverse ore i miliziani di Mustaqbal e quelli dell’alleanza nazionale filo-siriana guidata da Shaker Barjawi. Con un bilancio di due morti e 18 feriti. A Beirut scene simili si erano viste quattro anni fa, quando lo scontro tra Hezbollah e i sostenitori di Hariri giunse fin nelle strade di Hamra, la roccaforte sunnita nella capitale libanese. A Beirut ieri erano previsti due raduni: il primo di Mustaqbal e delle forze che compongono il fronte (anti-siriano) «14 Marzo»; il secondo di cittadini libanesi preoccupati dal conflitto settario esploso in più punti nel paese. La guerra civile incombe sul Paese dei Cedri. E lo hanno capito le monarchie arabe avversarie di Assad. Il quotidiano arabo (edito a Londra) al Quds al Arabi ieri metteva in evidenza la decisione presa la scorsa settimana daArabia saudita, Qatar e Emirati che hanno esortato (di fatto ordinato) i propri cittadini a lasciare subito il Libano (ieri il Kuwait ha fatto altrettanto). Le autorità  di Beirut di fronte a quell’annuncio rimasero di stucco e immaginarono subito i danni che la decisione avrebbe avuto sul turismo. Ma a rischio è molto più della stagione turistica che, ormai, è finita. «Questi tre Stati sono una componente centrale degli Amici della Siria (i paesi che sostengono la ribellione armata contro Assad)… devono perciò essere in possesso di informazioni accurate sul terreno e degli scenari futuri in Libano», ha scritto al Quds al Arabi . E c’è già  chi scommette sulla prossima formazione (secondo alcuni già  esisterebbe in embrione) dell’«Esercito libero libanese» – sul modello dell’Els che opera in Siria che sarà  il braccio armato dei sunniti libanesi.


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