Eni cede il 30% di Snam alla Cdp e incassa 3,5 miliardi in un anno

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MILANO – Per capire se l’operazione avrà  effetti concreti nel favorire la concorrenza e abbassare il prezzo del gas e dell’energia in Italia, bisognerà  aspettare del tempo. C’è chi ne dubita e ha descritto l’operazione solo come un’occasione perduta per la liberalizzzione del settore del gas. Quello che è indubitabile è il passaggio di proprietà  delle reti: da ieri si può dire che Snam – la storica società  protagonista della metanizzazione in Italia – non appartiene più ad Eni. Passa armi, bagagli e tubi nel perimetro di Cassa depositi prestiti, la società  che finanzia con il risparmio postale degli italiani gli investimenti degli enti locali.
Lo aveva stabilito il Parlamento approvando il decreto liberalizzazioni e imponendo la vendita di Snam entro la fine del 2013. In realtà , i tempi saranno più rapidi. E ieri se ne è avuta conferma. I cda di Eni e di Snam hanno dato il via all’operazione e alle sue tecnicalità . Eni ha deliberato di vendere il 30 per cento meno una azione a Cdp per un prezzo di 3,47 euro ad azione, contro una chiusura in Borsa di 3,14 euro, per un totale di 3,517 miliardi di euro. In pratica un premio del 9 per cento. Ma di questi tempi, spiega una fonte vicino al dossier, non era facile trovare una giusta via. Non a caso, il prezzo pagato era stato calcolato con un premio che era solo il 3 per cento superiore rispetto alla media degli ultimi 30 giorni di mercato.
Eni, allo stesso tempo, ha deciso di annullare il suo pacchetto di azioni proprie, che negli anni si era arrotondato avvicinando la soglia di legge del 10%, in modo da consentire al socio di controllo – la stessa Cassa Depositi – di cedere un 3 per cento dell’Eni (restando appena sopra il 30%) e reperire parte dei fondi per il pagamento. Una seconda tranche verrà  coperta con la cessione da parte della Cassa Depositi di azioni Snam, per un complessivo 5 per cento. La finanza rimanente per il saldo verrà  infine garantita dai flussi di cassa derivanti dalla cessione di altri asset legati all’operazione e dai dividendi.
Eni a sua volta uscirà  completamente dal capitale di Snam – come ha ribadito ancora ieri l’amministratore delegato Paolo Scaroni – con il collocamento sul mercato, quando le condizioni lo consiglieranno, del rimanente 22 per cento in suo possesso. «Il gruppo sarà  più forte dopo la cessione», ha aggiunto il manager, confermando la politica di dividendi Eni per il 2012. 
È stata definita una rinazionalizzazione. Ma per certi versi e’ una partita infragruppo, perché tutta giocata tra società  ad alta partecipazione dello Stato. Lo ha voluto il governo Monti, proprio nel tentativo di aprire il mercato del gas, la cui liberalizzazione – a differenza del settore elettrico – non ha dato ancora i benefici sperati. Soprattutto, non ha fatto scendere il prezzo dell’energia, in un paese come il nostro in cui i due terzi dei consumi vengono coperti da centrali a ciclo combinato alimentate a metano. Non basterà , perché a detta degli esperti, occorre che il mercato diventi più liquido anche con i concorrenti di Eni. Per farlo, l’idea del governo è di trasformare Snam in un operatore europeo in grado di trasformare l’Italia da paese importatore a paese anche esportatore. La scommessa è aperta.


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