Europa divisa non solo dalla Finanza ma anche (e sempre più) dall’Industria

by Editore | 16 Maggio 2012 9:47

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Così i tassi sui Btp italiani a dieci anni rimbalzano al 6 per cento e quelli sui Bonos spagnoli sfiorano i 6 punti e mezzo. Nella tempesta, tutti comprano Bund tedeschi — l’ultima ancora di sicurezza dell’area euro — e il costo dell’indebitamento della Germania scende ai minimi.
Sembra un’altra giornata di ordinaria frattura dentro all’area euro. Non è così. In parallelo con le notizie sugli squilibri della finanza, in Europa si evidenziano nuove faglie, preoccupanti quanto quelle finanziarie. Riguardano l’industria e l’economia reale. Negli stessi giorni e ore in cui tornano ad allargarsi gli spread, escono anche i dati della produzione industriale e del Pil. E non mostrano un’Unione Europea in recessione, ma un continente diviso in due. Con in mezzo, a fare da spartiacque la Francia. È sul bordo della recessione ma spera negli stimoli del nuovo presidente. Nel resto d’Europa, la frenata si estende a Regno Unito, Spagna e si aggrava in Italia. I Paesi periferici per la finanza lo sono sempre di più anche per la loro capacità  di produrre e creare reddito. C’è invece la Germania, con Pil e produzione industriale in solida ripresa nei primi tre mesi dell’anno, in controtendenza. Intorno a Berlino resistono alla crisi vari Paesi dell’Europa orientale. Alcuni sono mete tradizionali della delocalizzazione delle aziende tedesche come la Slovacchia e la Repubblica Ceca. E poi c’è la Polonia, con un’economia pari a un settimo di quella tedesca e pari alla somma di Grecia e Portogallo. In rallentamento nel primo trimestre 2012, viene però da anni di crescita boom al 3-4 per cento nel mezzo della crisi. È un Paese che guarda al futuro e non capisce perché dovrebbe adottare l’euro. A nazioni così, in fondo, non serve l’euro ma solo l’integrazione economica con il resto dell’Unione.
Ecco dunque un’altra sgradevole novità  del primo trimestre 2012: i problemi per l’euro non vengono solo da Sud e dalla finanza, ma dall’industria e, chissà , anche dall’Est.

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