Gli operai assediano le banche

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PALERMO – Dopo tre giorni di occupazione dell’Agenzia delle Entrate, ieri mattina gli obiettivi della protesta degli ex operai della Fiat di Termini Imerese sono state due banche, le filiali di Unicredit e Banca Intesa San Paolo, entrambe nel centro cittadino, occupate simbolicamente fino al tardo pomeriggio «per sensibilizzare le istituzioni a trovare una soluzione immediata per 2.200 operai e il sistema bancario a non irrigidirsi», dice Roberto Mastrosimone, segretario della Fiom. 
Le ex tute blu, che dal mese di dicembre sono tutte in cassa integrazione a zero ore, chiedono infatti al ministero dello sviluppo economico di attivarsi per l’avvio del piano di riconversione industriale dell’ex stabilimento del Lingotto, piano che non decolla a causa delle difficoltà  economiche dell’imprenditore Massimo Di Risio, a cui il governo, attraverso Invitalia, la regione Sicilia e la stessa Fiat hanno affidato le sorti di oltre duemila persone. A quanto sembra Di Risio, che avrebbe dovuto rilevare lo stabilimento della casa automobilistica torinese già  da qualche mese, al momento non sarebbe ancora riuscito ad ottenere dalle banche a cui si è rivolto, quindi Unicredit, Banca Intesa e Monte dei Paschi, i circa cento milioni di euro necessari per l’adeguamento degli impianti in cui dovrebbe cominciare a produrre vetture low cost con il marchio Dr Motors. 
L’imprenditore molisano è sparito e il ministero dell’economia, garante dell’accordo – siglato il primo dicembre scorso tra lo stesso Di Riso, Invitalia e la Regione Sicilia – tace ancora. «La settimana scorsa – riferisce Vincenzo Comella, della Uilm – il prefetto di Palermo ci ha garantito che avrebbe sollecitato Palazzo Chigi per un incontro. Ma sono passati già  diversi giorni e da Roma non è arrivata nessuna notizia. Evidentemente il ministero dello sviluppo economico non sa cosa dirci. E questo per noi è un ulteriore motivo di preoccupazione». 
La protesta degli ex operai Fiat e dell’indotto è sostenuta attivamente anche dalle loro mogli, che ieri, dopo la lettera inviata la settimana scorsa al presidente della repubblica Giorgio Napolitano, hanno rivolto un appello anche al papa. Altre due lettere le hanno poi inviate al presidente del senato Renato Schifani e al governatore della Sicilia Raffaele Lombardo. 
Quest’ultimo, in serata, ha ribadito a distanza la posizione della Regione (che per la riconversione industriale dell’area industriale di Termini ha impegnato circa 350 milioni) e sollecitato anche lui Palazzo Chigi a fare pressioni sulle banche affinché aprano la linea di credito a Di Risio: «Noi abbiamo fatto fino in fondo la nostra parte. Se il governo spendesse una parola in più perché si assicurasse un po’ di credito alla Dr Motor, magari rivedendo il piano occupazionale e giocando con i meccanismi di tutela, il quadro reggerebbe di più. Si potrebbe anche partire», ha detto Lombardo «comunque fiducioso che l’esecutivo nazionale farà  la propria parte. D’altro canto noi non avevamo da scegliere questa o quella proposta». 
La disperata protesta operaia intanto prosegue. Oggi si sposta di nuovo a Palermo e si annuncia piuttosto rumorosa. Da Temini Imerese è infatti prevista la partenza di centinaia di operai alla volta della lussuosa Villa Amalfitano dove è prevista la cerimonia ufficiale della festa dell’autonomia della Regione Siciliana. 
Gli operai di Termini stanno insomma battendo tutte le strade possibili per farsi sentire e vedere. È il minimo che possano fare: se il piano di insediamento della Dr Motors non parte, tra qualche mese non avranno più gli ammortizzatori sociali, garantiti fino a dicembre per cessazione dell’attività  da parte della Fiat. L’accordo con Dr Motors prevede la riassunzione entro l’anno di circa 1300 operai, gran parte dei quali dovrebbero poi tornare in cassa integrazione per ristrutturazione aziendale, quindi essere riassorbiti in produzione gradualmente, entro il 2016. L’accordo sindacale di dicembre stabilisce inoltre la mobilità  per circa seicento ex operai più anziani, gli esodati, che dovrebbero essere accompagnati alla pensione con le regole precedenti la riforma Fornero. Ma vista l’aria che tira temono una doppia beffa.


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