Hugh Grant arringa la folla “Stop alla dittatura di Murdoch”

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LONDRA – «Rupert Murdoch è colpevole di un attacco alla democrazia che ha prodotto trent’anni di dittatura dei media». Giacca di velluto e blue-jeans, Hugh Grant ha appena finito il suo applaudito comizio al meeting del Commitee for Media Reform in una sala di una chiesa metodista dietro al parlamento di Westminster. L’attore di Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill e Il diario di Bridget Jones non è qui in veste di divo del cinema, bensì di vittima dei tabloid. È stato lui, con un colpo in verità  da spregiudicato cronista, a produrre una delle prove più eclatanti contro le intercettazioni illecite dei giornali dello Squalo, come è soprannominato il magnate dell’editoria, quando diede appuntamento al reporter che lo tampinava e riuscì a fargli vuotare il sacco su microfoni spia, telefonini intercettati, detective privati assoldati su ordine del direttore, registrando tutta la conversazione con un registratore nascosto. E la sua testimonianza davanti alla commissione Leveson, l’inchiesta governativa sul Tabloidgate, ha aperto l’ondata di rivelazioni che hanno portato nei giorni scorsi all’incriminazione di Rebekah Brooks, l’ex-amministratore delegato del gruppo Murdoch nel Regno Unito.
La manifestazione per la riforma dei media fa parte di una campagna per tenere alta la pressione sul governo di David Cameron, a sua volta coinvolto nello scandalo per gli stretti legami che il primo ministro aveva con la Brooks. Ma non è solo questione di Cameron, afferma Hugh Grant: «I tabloid di Murdoch, con l’influenza che esercitavano sul mondo politico, hanno praticamente evirato cinque primi ministri britannici, la Thatcher, Major, Blair e Brown prima di quello attuale. Questo è molto di più di uno scandalo sull’invasione della privacy di stelle dello show-business o privati cittadini. È un attacco alla democrazia. Per trent’anni abbiamo vissuto in uno stato mediatico, una dittatura dei media». Come nel caso Berlusconi in Italia? «Berlusconi è un classico esempio di quello che stiamo cercando di evitare in Gran Bretagna con Murdoch. Per fortuna in Italia non è più primo ministro, e speriamo dopo quanto è successo di non avere mai un leader del genere nel nostro paese».
Grant sottolinea i progressi fatti dall’inizio dell’inchiesta, ma si augura che il rapporto della commissione Leveson, quando sarà  ultimato, «produca azioni concrete, non venga insabbiato». Su questo promette di vigilare Harriet Harman, vice-leader del partito laburista, che prende la parola dopo di lui: «Non ci sarebbe stata una commissione d’inchiesta di questo livello se Ed Miliband (il leader del Labour, ora in netto vantaggio su Cameron nei sondaggi, ndr) non si fosse battuto per imporla. E se questo governo proverà  a insabbiarne le raccomandazioni, sarà  il prossimo, guidato da noi laburisti, a renderle operative. Magnati dei media come Murdoch si credono invincibili e impunibili, nascondendosi dietro il paravento della libertà  di stampa, ma non sono loro a rappresentarla. La democrazia ha bisogno dei media come contropotere, ma non ha bisogno di media che vogliono sostituirsi al potere».


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