I dubbi in Vaticano sulla Cei non piace la linea anti-Monti e il nuovo sostegno al Pdl

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«Bagnasco vorrebbe imitare Ruini, ma non ha capito che i tempi sono cambiati». Questa frase non gira solo tra le stanze del governo. Da qualche settimana circola insistentemente nei corridoi della Cei e soprattutto della Segreteria di Stato vaticana. La linea “critica” del presidente dei vescovi italiani sul governo e decisamente accondiscendente nei confronti del Pdl si sta rapidamente trasformando nell’ultimo elemento di frattura tra la Conferenza episcopale e il Segretario di Stato. L’ennesimo scontro tra Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco. Ma con una novità . L'”Appartamento”, gli uomini più vicini a Papa Ratzinger si stanno schierando con il primo e sempre più si allontanano dal capo dei vescovi. Al punto che per molti il feeling tra il Pontefice e Bagnasco rappresenta solo un elemento del passato. Non solo. Benedetto XVI sarebbe addirittura pronto a richiamare il capo della Cei sulle posizioni ufficiali della Santa Sede. E un brivido sta pervadendo gli uffici di Via Aurelia: la paura che la guida della Chiesa italiana possa essere “commissariata”. 
Di recente, quindi, il caso è diventato sempre più spinoso. Soprattutto dopo che l’Avvenire, il giornale dei vescovi, ha per alcuni giorni di seguito attaccato Monti e le misure governative sul fisco, in particolare sull’Imu. Il campanello d’allarme è subito scattato a Palazzo Chigi. Alcuni dei ministri cattolici hanno sottolineato le «sferzate» del quotidiano. E i contatti tra l’esecutivo e la segreteria di Stato si sono immediatamente attivati attraverso i tradizionali canali informali. Una vicenda che ha indispettito il cardinale Bertone. E preoccupato il premier: «Cosa c’è dietro tutti questi rimproveri? Cosa è cambiato? Mi sembrano osservazioni poco giustificabili». 
Ma la partita più che nei rapporti tra Stato e Chiesa, si sta giocando tra le stanze ovattate della Curia e del Vicariato. Sullo sfondo la scadenza delle elezioni politiche e i rapporti di forza tra i cardinali nel tentativo di compattare (anche in vista di un futuro ed eventuale conclave) la componente più conservatrice delle porpore. Il presidente della Conferenza episcopale, infatti, ha ormai deciso di confermare il suo appoggio al Pdl. Soprattutto se «depurato» dalla premiership di Silvio Berlusconi. Un centrodestra, senza la faccia del Cavaliere, rappresenta dunque la carta su cui ancora scommettere. La sua idea è di spostare l’asse dei cattolici nell’alveo del Popolo delle libertà  o di quel che nascerà  sotto l’ombrello berlusconiano. E tutto quel che potenzialmente può disperde una certa “unità ” dei cattolici, viene considerato traviante. Non a caso “Don Angelo” si sta spendendo nella sua città , Genova, contro il candidato del centrosinistra, Marco Doria. Giudica il voto genovese un vero e proprio “test” proprio per l’appoggio di una parte delle parrocchie liguri su cui può contare l’esponente vendoliano. Una linea che spinge a bocciare anche l’operazione centrista di Casini: «Il centro, da solo, non porta da nessuna parte». Bagnasco, insomma, vorrebbe l’Udc di nuovo alleato con il Cavaliere. Non a caso, proprio, negli ultimi giorno il leader del Terzo polo è stato piuttosto netto nell’interpretare le mosse dei vescovi: «Il loro disegno è ormai chiarissimo».
Ma il sostegno all’opzione-Pdl passa per la presa di distanza dal governo Monti. La prima tappa ha preso le forme del “ripudio” del famoso incontro di Todi con tutti i movimenti del mondo cattolico che diede a ottobre uno scossone decisivo al governo Berlusconi. La seconda, adesso, assume sempre più i contorni di un attacco all’esecutivo. Palazzo Chigi ne ha avuto la prova solo pochi giorni fa: con gli editoriali di Avvenire che fanno propria la battaglia pidiellina contro l’Imu (l’estensione dell’imposta agli edifici di proprietà  della Chiesa non è stata ancora digerita) ma anche con un colloquio tra il ministro della Cooperazione Riccardi e il Patriarca di Venezia Moraglia. Con il primo che annunciava i fondi per la famiglia e il secondo che lo gelava: «Che vuole che siano, solo una goccia nel mare». Per la Cei, inoltre, un elemento di debolezza del Professore si concentra anche sul rifiuto di sventolare la bandiera delle questioni etiche.
Ma il profilo scelto da Bagnasco sta provocando più di una reazione nella Curia e nella Conferenza episcopale. Sono diversi i vescovi che hanno iniziato a prendere le distanze. Soprattutto è emersa la «distanza» dell'”Appartamento” papale. Il Pontefice ha confermato negli ultimi giorni l’asse preferenziale con Monti. La Segreteria di Stato anche. Dopo gli “scontri” di qualche mese fa, il Cardinal Bertone aveva di fatto rinunciato a intervenire nelle vicende della politica interna italiana per evitare ulteriori dissapori: «Mi occupo solo del Vaticano». Ma il nodo si sta di nuovo aggrovigliando. Sia la Segreteria che l’Appartamento hanno sottolineato negli ultimi giorni la sintonia con il nuovo governo. Ricordano la telefonata tra i due del 19 marzo scorso (onomastico del Pontefice e compleanno del premier) e l’incontro del 19 aprile scorso. Colloquio che ha ricevuto il “timbro” di una foto pubblicata dall’Osservatore Romano. Una scelta che nel linguaggio diplomatico puntava a evidenziare il buon esito del colloquio. I dubbi di Ratzinger riguardano anche l’approccio “vetero-ruiniano” di Bagnasco alla politica interna italiana. 
Ma che qualcosa si sia ormai incrinato tra l’Appartamento e la Cei, lo si è capito dalle ultime nomine fatte dal Papa. Il fastidio della Santa Sede nei confronti degli scandali che stanno investendo alcuni autorevoli rappresentanti di Cl, stanno cambiando gli equilibri negli uffici della Santa Sede. Con una preferenza per i Focolarini (Monsignor Becciu, ad esempio, è il vice di Bertone) e per la Comunità  di Sant’Egidio. Anche per questo l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, sembra sempre più volersi liberare del manto di Comunione e liberazione.
Ma anche il premier italiano ha iniziato ad adottare le sue contromisure. Ha evitato di presenziare (anche di mandare un messaggio) il congresso delle Acli. Il suo presidente era stato piuttosto critico nei suoi confronti in un’intervista ad Avvenire. E si è consultato con i suoi ministri “cattolici”. «Ma io – ripete in queste ore – sono il presidente del consiglio e il mio interlocutore è la Segreteria di Stato e la Santa Sede».


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