Il maxi aiuto a Bankia e lo schiaffo di S&P

Loading

Appena eletto all’Eliseo Hollande aveva proposto l’aiuto europeo per il sistema finanziario spagnolo, ma Rajoy l’aveva zittito: «Non conosce la situazione».Forse ieri Rajoy ha cambiato idea. I consiglieri di Bankia, la quarta banca del Paese, si sono dimessi in blocco, dopo aver approvato un SOS monstre da 19 miliardi che si vanno ad aggiungere ai 4,4 già  ricevuti dallo Stato due anni fa. Miliardi, non noccioline: il nuovo aiuto vale più o meno 2 punti di deficit nazionale. 
È sicuramente vero che la valutazione delle garanzie ipotecarie è in caduta libera, ma questi sono errori da studenti di terza ragioneria. A febbraio Bankia aveva dichiarato 309 milioni di attivo, mercoledì il ministro delle Finanze, Luis de Guindos, aveva prospettato un salvataggio da 9 miliardi. Ieri i miliardi sono diventati 19. Dietro le quinte c’è il lavoro dei cerberi che la Bce di Mario Draghi ha imposto a tutti, dalla Banca di Spagna in giù. Ma una voragine simile non si scopre solo cambiando criteri di valutazione. Era successo lo stesso con il deficit statale 2011: a novembre era dato al 6%, a gennaio al 6,7, a marzo all’8,6 e a maggio all’8,9. Non sorprende che Standard & Poor’s abbia tagliato ancora il rating di cinque grandi banche spagnole. Il dubbio è che i meccanismi politico-finanziari di vigilanza non funzionino affatto. Si parla di eccessiva politicizzazione. Così però è troppo.


Related Articles

«L’ultimo stipendio decente è questo?»

Loading

Lavoratori e pensionati, dopo i tagliIn questi giorni della fine del mese, milioni di greci si sentono ostaggi della «troika» e del premier Papadimos.

Cina, picconata al capitalismo di Stato

Loading

Arriva una nuova spallata neoliberista in vista del futuro grande cambiamento della leadership cinese. Il Development Research Center (in cinese Guà³wùyuà n fāzhÇŽn yà¡njiÅ« zhōngxÄ«n), un think tank che dipende direttamente dal Consiglio di Stato (leggi “governo”), ha coprodotto con la Banca Mondiale un rapporto che prevede una crisi della Cina se non si metterà  mano al settore delle grandi imprese statali. Il documento “China 2030”sarà  presentato lunedì prossimo, ma il Wall Street Journal ne anticipa i contenuti: sostiene che il governo dovrà  dismettere progressivamente le proprie quote e affidare la gestione delle imprese a banche d’investimento. Detto in altri termini, chiede alla Cina di rinunciare al modello economico che l’ha fatta crescere a ritmi vertiginosi per trent’anni: il capitalismo di Stato.

Quella strana crescita con i consumi a zero

Loading

(la Repubblica, 11 marzo 2007, Pagina 48 Economia)

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment