Il Nord trema 100 volte in un giorno Migliaia di senzatetto

by Editore | 21 Maggio 2012 7:57

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FINALE EMILIA (Modena) — Non c’è più niente che sia al suo posto quando la terra si mette a scalciare così. I malati, che fino alle 4.04 di ieri mattina erano in ospedale, ora sono allineati nella grande bomboniera di un campo da tennis al coperto, ognuno con il suo materassino, tra flebo, garze e sondini. Girano signore in camicia da notte in quello che era il centro storico di Finale Emilia. E distinti professionisti in pantofole, ma senza documenti: rimasti in casa, dove adesso non si entra nemmeno con l’elmetto. Crollano i muri, sfiancati dalle scosse. Interi paesi sono sfigurati. Nelle strade si aprono voragini che sembrano l’urlo di Munch. La Torre dei Modenesi, una chicca del Trecento, oppone eroica resistenza: perde un pezzo alla volta, vomita sulle auto parcheggiate tonnellate di pietra, per ore ondeggia e geme: e quando cade, alzando un polverone che copre mezza piazza, sono in tanti ad avere lo sguardo lucido. Quando arrivano frustate così, le parole diventano soprattutto un espediente per sentirsi meno soli. Il contadino Aldino Galavotti, in mezzo alla campagna delle 5 del mattino, sa solo dire: «Quello era il mio magazzino: è scoppiato come una bomba, c’erano dentro anche tre galline…». Il sindaco Fernando Ferioli gira per il centro con la testa all’insù e il morale sotto i piedi: «In un attimo se ne sono andati mille anni di storia: che nessuno ci abbandoni, ora».
Un terremoto che colpisce duro. Sette morti, una cinquantina di feriti, danni incalcolabili al patrimonio artistico e monumentale. «Danni seri e diffusi sul territorio» mette subito in chiaro di prima mattina il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli. Bastano poche ore e il numero degli sfollati si impenna: sono più di 3 mila, ma probabilmente aumenteranno, in questa striscia di paesi, capannoni, casolari, campi coltivati e strade bianche che si stende tra il Modenese, il Ferrarese e il Bolognese: Finale Emilia, San Felice sul Panaro, Mirandola, Sant’Agostino, Dosso. È qui, nella Bassa padana, che ha affondato i denti, alle 4.04 di una domenica autunnale, quella che l’esperto Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto di geofisica nazionale, definisce «la scossa di maggiore intensità  ipotizzabile in un’area come questa». Un terremoto di magnitudo 5.9, non di molto inferiore a quello che nell’aprile del 2009 fece 300 vittime in Abruzzo, che ha preso forza a 6 chilometri di profondità , si è fatto sentire in tutto il Nord Italia (da Milano a Bolzano), dando poi vita per il resto della giornata a un intenso sciame sismico (un centinaio le repliche) con una media tra i 3 e i 5 gradi di magnitudo e un’impennata, nel primo pomeriggio, del 5.1. «Sembrava di essere tornati ai tempi di guerra, un boato tremendo, la casa che ballava, è un miracolo essere qui» racconta, sotto il tendone della Protezione civile, Velia Raimondi, 83 anni. Sarà  impossibile dimenticare quei momenti. «La prima scossa è stata come un forte colpo di vento. La seconda, che ha fatto i danni, una specie di urlo» dice Luigi Facchini. 
Altri giurano di aver visto uscire dal terreno «aria e sabbia insieme» e di aver notato «un aumento del livello dell’acqua nei pozzi».
Si è portato via tanto, troppo, l’Orco sismico. Oltre alle vite di 4 operai, che lavoravano di notte, anche quelle di 3 donne. Nerina Balboni aveva 103 anni e non era di sicuro al suo primo terremoto. Ha tentato di uscire da quel casolare a Sant’Agostino, nel Ferrarese, dove viveva da sempre: l’hanno trovata morta nel tinello, a pochi metri dalla porta d’ingresso con una profonda ferita al capo provocata dal crollo di una parte del soffitto. 
Estratta viva dalle macerie la nuora, Ombretta, di 64 anni. La seconda vittima è nel Bolognese, a Sant’Alberto di San Pietro in Casale: Gabi Ehsemann, una tedesca di 39 anni da tempo in Italia per motivi di lavoro, è stata stroncata da un infarto subito dopo la scossa: l’ha trovata a letto, ormai senza vita, un coinquilino. Un ictus ha invece stroncato Anna Abeti, 86 anni, a Vigarano Mainarda: la donna si è sentita male poco dopo la scossa ed è morta all’ospedale di Ferrara. A Sant’Agostino, paesino di 7 mila abitanti che vanta il triste record dei morti (3 dei 4 operai che lavoravano di notte), c’era fino a due giorni fa un bel palazzone chiamato Municipio: «Ora sembra che sia stato colpito da una bomba» dice il sindaco Fabrizio Toselli, indicando la voragine sulla facciata dietro la quale si intuiscono scrivanie, sedie, persiane penzolanti, fogli ovunque. 
L’orologio del campanile è fermo alle 4.04. Lungo la strada che porta a San Carlo si aprono voragini e il livello delle falde acquifere sale a vista d’occhio. A San Felice sul Panaro, nel Modenese, la Rocca estense è praticamente distrutta: parte dei torrazzi sono crollati, enormi crepe attraversano il corpo della struttura e gli esperti non escludono che si possa arrivare alla demolizione. Chiusi a Mantova il Palazzo Ducale e della Ragione. Così come moltissime scuole nel Modenese, Ferrarese e Mantovano. Duecento detenuti sono stati evacuati dal carcere di Ferrara.
A Finale Emilia, dove il centro è un tappeto di macerie, una buona metà  del Castello delle Rocche è crollato e il palazzo del Comune ha il tetto sfondato, undici persone sono riuscite miracolosamente a salvarsi, sfondando una parete, dopo essere rimaste intrappolate nello storico edificio del Palazzo dei Veneziani: «Ci cadeva tutto addosso, per fortuna il tetto ha tenuto» racconta Vincenzo Stefanile. Nelle campagne sono crollate centinaia di stalle, magazzini e casolari: molti gli animali morti. Una notte infame per gli oltre 3 mila sfollati, nonostante lo spiegamento di forze messo in campo dalla Protezione civile e gli aiuti giunti da altre regioni. «Alle grandi scosse, ne seguono altre: sui terremoti non si fanno previsioni — taglia corto Gabrielli dopo un vertice con il governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani —. È chiaro che lo sciame sismico complica il nostro lavoro, ma per ora l’importante è che tutti abbiano un posto sicuro e un piatto caldo». Fuori piove, molti paesi sono al buio. Carabinieri e polizia presidiano le case abbandonate: l’incubo sciacalli, almeno quello, risparmiatecelo.

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