Il pasticcio di Villa Adriana La discarica divide il governo

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ROMA — «Gentile signor ministro, la mancanza di una politica del governo verso la cultura già  mi aveva sorpreso e deluso. Ma esistono per ciascuno di noi dei limiti di tolleranza civica e personale. Le ultime notizie sulla discarica prevista a Corcolle, straordinariamente gravi per la prossimità  a Villa Adriana e alle quali non arrivo a credere, rappresentano la goccia che ha fatto traboccare il vaso…». Consigliamo a Lorenzo Ornaghi, già  chiarissimo rettore della Cattolica di Milano, di rileggere con attenzione la lettera di dimissioni speditagli ieri dal presidente del consiglio superiore dei Beni culturali Andrea Carandini. Davanti all’incredibile e superficiale via libera dato da palazzo Chigi al disegno di portare in una ex cava a meno di un chilometro in linea d’aria da uno dei siti archeologici più importanti del mondo la nuova discarica dei rifiuti solidi urbani della città  di Roma, almeno lui ne ha tratto le dovute conseguenze. Tutto questo mentre il ministro dei Beni culturali Ornaghi affidava le proprie rimostranze alle seguenti parole di fuoco: «Rimango contrarissimo». 
Reazione in linea con il suo profilo. Finora Ornaghi non ha certo lasciato un segno indelebile nella storia di quel ministero. L’ultima iniziativa di spicco è stata la nomina nel Consiglio di amministrazione della Scala di Milano di un suo collaboratore all’Università  Cattolica, Alessandro Tuzzi, al posto del finanziere Francesco Micheli. Difficile poi stupirsi se c’è qualcuno, come il suo predecessore Giancarlo Galan, convinto che questa sarebbe stata per lui l’occasione buona per un gesto finalmente incisivo: mettere sul tavolo del presidente del Consiglio la propria lettera di dimissioni, tanto la cosa è da considerarsi inaccettabile per qualunque ministro dei Beni culturali. 
Le conseguenze dell’insediamento di una discarica di rifiuti solidi urbani a due passi da Villa Adriana sono molteplici. Giulia Rodano dell’Idv ricorda che «L’imperatore Adriano fece erigere la sua villa sulla scia del ponentino». Concludendo che «grazie al prefetto Giuseppe Pecoraro (il commissario ai rifiuti, ndr) grazie a Renata Polverini, grazie a Monti, nel Ninfeo, nelle grandi Terme e nei laghetti al posto del ponentino arriverà  presto il tanfo della spazzatura». Per non parlare di un’altra preoccupazione ben più seria rilanciata anche da Italia Nostra, visto che a due passi dal sito destinato forse ad accogliere l’immondizia dei romani che la discarica di Malagrotta non può più contenere, passa l’acqua potabile diretta alla capitale. 
Ma qui si rischia anche un effetto collaterale devastante sul piano internazionale: la sicura revoca del bollino Unesco. Dal dicembre 1999 l’Onu ha dichiarato Villa Adriana patrimonio dell’umanità . Il mantenimento di quella prestigiosa tutela è vincolato a certi requisiti, periodicamente verificati dai responsabili delle Nazioni Unite. Una discarica di rifiuti a 800 metri dal confine dell’area tutelata comporterebbe automaticamente la perdita di quello status. E per un governo come quello di Monti, il cui principale punto di forza è quello di aver saputo risollevare l’immagine internazionale dell’Italia, sarebbe una clamorosa disfatta. L’avvertimento è già  arrivato. «Riguardo il progetto di discarica nei pressi di questo Patrimonio dell’Umanità , si fa presente che è stata già  espressa preoccupazione allo Stato membro e si è in attesa di una relazione», ha scritto la signora Petya Totcharova, capo area dell’Unesco.
Anche se forse per Villa Adriana cambierebbe poco o nulla, almeno dal punto di vista economico. Perché da quando ha il bollino dell’Unesco quel sito ha perduto circa il 42% dei visitatori paganti. Nel 2011 sono stati appena 109.078, contro i 187.202 del 2000. Quasi 20 mila in meno rispetto ai biglietti staccati dal Museo storico del Castello di Miramare a Trieste. In un anno come quello trascorso, nel quale i nostri musei e siti archeologici hanno registrato una notevole ripresa, con un aumento del 7,5% dei visitatori complessivi e del 4,9% di quelli paganti, la villa dell’imperatore Adriano si è dovuta accontentare di 267 turisti in più disposti a sborsare qualche euro per vedere le sue meraviglie: +0,2%. Mentre le presenze totali sono persino diminuite del 2,4%. Avvilente è il confronto con gli altri beni artistici e monumentali del Lazio. Nel 2011 i visitatori totali nei siti della Regione sono aumentati del 13,7%, con una crescita del 5,3% per quelli paganti. Per il circuito archeologico Colosseo-Palatino-Fori imperiali sono stati venduti 4 milioni 134.430 biglietti, il 7,9% in più nei confronti del 2010. 
«Villa Adriana è ancora di competenza dell’Italia?»: immaginiamo già  quale potrebbe essere, se il progetto Corcolle andasse in porto, il titolo del quotidiano francese Le Monde, che non più tardi del 19 maggio ha dedicato nell’inserto culturale del sabato tre pagine agli scandali di Pompei chiedendosi appunto: «Pompei est-elle encore de la compétence de l’Italie?».
Per fortuna la storia non può considerarsi conclusa. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini è convinto che ci siano i margini e gli strumenti per impedire la discarica. Mentre la tempesta che si è scatenata ieri ha indotto il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, nel ringraziare Monti per aver confermato la fiducia nel suo prefetto Pecoraro, ovvero il principale sostenitore dell’operazione Corcolle, a chiedere un chiarimento nel consiglio dei ministri. E c’è pure chi sospetta che sia tutta una messinscena per arrivare a un finale già  scritto: portare l’immondizia a Monti dell’Ortaccio nei pressi di Malagrotta, proprietà  dell’ottantaseienne Manlio Cerroni, il re dell’immondizia romana. In ogni caso il nodo va sciolto prima del 24 giugno, quando i big dell’Unesco si riuniranno a San Pietroburgo per esaminare il dossier.
Resta il fatto che l’assurda vicenda di cui parliamo, comunque vada a finire, è una fotografia perfetta dell’Italia di oggi. Un Paese nel quale nessuno è mai responsabile: non lo è la politica, che scarica le decisioni difficili sui commissari; non lo sono i commissari, che alla fine devono sempre rendere conto al governo; non lo è il governo, perché le competenze sono anche di Regioni, Province e Comuni. E poi c’è sempre il classico ricorso al Tar che blocca tutto. Un Paese nel quale si può fermare il cantiere della metropolitana di Roma senza limiti di tempi né di costi perché venti metri sottoterra è stato scoperto un resto di scarsa importanza, ma poi è possibile fare una megadiscarica a due passi da un patrimonio dell’umanità . Soltanto perché, con tutto il rispetto, l’ha deciso un prefetto.


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