Intervista a Ayrault: «Cambieremo l’Europa»

by Editore | 9 Maggio 2012 7:11

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A parlare è l’uomo che molti analisti danno come favorito nella corsa alla poltrona di primo ministro nell’«era Hollande»: Jean-Marc Ayrault, 62 anni, presidente del Gruppo parlamentare socialista all’Assemblea Nazionale, da 23 anni sindaco di Nantes, uno dei fedelissimi del neo presidente francese. Il giorno dopo la vittoria al ballottaggio, Ayrault lancia anche un messaggio «tranquillizzante» ai mercati e alle cancellerie europee, in particolare a quella tedesca: «Hollande dice a l’Unità  sa bene l’importanza di una politica di contenimento del deficit pubblico e su questo terreno non ci sarà  alcun arretramento. Il suo obiettivo non è quello di azzerare i trattati europei, ma di svilupparli per ciò che concerne le misure atte a favorire la crescita: un obiettivo, questo, su cui ricercare la massima unità  in ambito Ue». Alla fine, la vittoria è arrivata. Hollande è il nuovo presidente della Francia. Qual è il segno di questa vittoria? «È il segno di un Paese che investe sul proprio futuro. È la vittoria della serietà , della speranza, del cambiamento possibile. È la vittoria di un leader che ha cercato di unire laddove il suo avversario parlava e praticava il linguaggio della contrapposizione. Oltre a changement (cambiamento, ndr), l’altra parola chiave della campagna di Hollande è stata rassemblement: coesione, unione, determinazione a realizzare lo schieramento più ampio a favore delle riforme. Rassemblement è anche quel “patto generazionale” che offre ai giovani un’opportunità  di realizzazione senza che questo voglia dire mortificare chi giovane non lo è più ma non per questo è da mettere da parte. Unire è anche estendere e qualificare i diritti di cittadinanza. Quella di Franà§ois Hollande è la vittoria di un progetto che guarda agli interessi nazionali in una chiave europea. E tutto questo anche in nome di quei valori di eguaglianza, di libertà , di legalità , di giustizia, che sono a fondamento di una identità  socialista che non va smarrita». Neanche il tempo di festeggiare che già  il neo presidente è chiamato a definire la sua squadra di governo. Un tema che la riguarda direttamente, visto che molti analisti la indicano come uno dei “papabili” alla poltrona di primo ministro… «Lasciamo perdere le vicende personali, sarà  quel che sarà … L’importante è lavorare per rafforzare il successo del 6 maggio, e ciò vuol dire proiettare da subito il partito, il suo gruppo dirigente, i suoi militanti nella campagna per le elezioni legislative di giugno: la battaglia per il cambiamento non è finita». Guardando alla vittoria di Hollande in una ottica europea. C’è chi sostiene che questo successo non ha fatto felice la cancelliera Merkel. «In qualità  di consigliere speciale di Hollande, ho prestato molta attenzione, su sua indicazione, alla questione delle relazioni franco-tedesche. Relazioni che saranno rafforzate perché siamo convinti che un più forte legame tra Francia e Germania possa favorire quel Patto di crescita che sarà  una delle priorità  della presidenza Hollande in Europa. E le prime reazioni all’elezione di Hollande che sono giunte dal governo tedesco, a cominciare dal cancelliere Merkel, confortano queste aspettative. Su questo terreno – quello di un Patto di crescita sappiamo di poter contare sulla vicinanza di altri governi europei, come quello italiano guidato da Mario Monti. Per essere ancora più chiari: non è nostra intenzione stravolgere il Fiscal compact (il trattato fiscale, ndr), vogliamo invece accompagnarlo, e integrarlo, con un Patto per la crescita e gli investimenti. Hollande ha affermato una cosa che ormai si sta facendo largo in Europa: la crescita favorisce il contenimento del deficit, lo sviluppo non confligge con il rigore. Crescita non significa espansione smodata della spesa pubblica, ma investimenti mirati in settori strategici, come l’istruzione, per esempio. Senza crescita, l’austerità  forzata porta alla recessione e alla marginalità  dell’Europa sul mercato globale, oltre che provocare reazioni di rigetto a livello popolare: in questo senso, il voto greco deve far riflettere e suonare come un campanello d’allarme per tutti: se il controllo del deficit pubblico non è supportato da adeguate politiche solidali e di crescita, l’ingovernabilità  più che un rischio è una certezza. Anche su questo fronte cruciale, Hollande non si è limitato ad affermare dei principi, ha indicato soluzioni. Questa è stata la sua carta vincente». Ha vinto anche il profilo di un uomo «normale», un po’ grigio… «Se essere “normale” e “grigio” significa rifuggere dal sensazionalismo mediatico, dal protagonismo esasperato, allora sì, all’Eliseo salirà  un presidente “normale”. Ma questo è un bene, non un limite. La politica ha bisogno di serietà , di credibilità  se non vuole subire il rigetto da parte dei cittadini. Hollande è stato premiato anche per questo». Al ballottaggio, Hollande ha ricevuto il sostegno sia del leader del Front de Gauche, Jean-Luc Mèlenchon, che del centrista Francois Bayrou. È nato il centrosinistra francese? «Quel sostegno non è frutto di accordi di vertice né di patti di potere, ma del riconoscimento che per il futuro della Francia la proposta di Franà§ois Hollande è la più convincente. Parlare di una nuova alleanza sinistra-centro sarebbe una forzatura, di certo, però, un confronto si è aperto, senza preclusioni o steccati ideologici. Hollande ha lavorato per unire e continuerà  a farlo da presidente».

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