La Libia, l’Italia, i flussi dei migranti Tutto come ai tempi di Gheddafi

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In realtà , le parole del capo della diplomazia libica suonano assai ambivalenti: dopo aver proferito il suo avvertimento, infatti, Bin Khayal ha aggiunto che «la situazione adesso non è così grave ma gli indicatori mostrano che le cose potrebbero peggiorare. Sul confine tra Egitto e Libia sono in arrivo diversi flussi e anche se adesso non vi sono grandi numeri potrebbe esservi un aumento». Come a dire, uomo avvisato mezzo salvato. Le parole del ministro segnano una sostanziale continuità  con la politica libica condotta durante l’epoca di Gheddafi, quando la questione dell’immigrazione veniva usata in modo strumentale dal regime di Tripoli per battere cassa e per ottenere altri benefit da parte dei paesi della sponda nord. E, d’altro canto, anche l’Italia sembra proseguire le proprie politiche nel solco di una sostanziale continuità  con quelle portate avanti dal precedente governo. Il ministro degli esteri Giulio Terzi si è affrettato a sottolineare che quello dell’immigrazione è «un tema urgente da affrontare in ambito europeo. Serve un piano urgente dell’Unione europea per affrontare il tema dell’immigrazione clandestina». Nonostante gli scarsissimi arrivi sulle coste siciliane, il governo italiano sembra parecchio ansioso di ristabilire i vecchi accordi di contrasto all’immigrazione che quello precedente aveva siglato con i vecchi regimi nordafricani. Con la Tunisia post-rivoluzionaria, un accordo di controllo delle coste è già  stato concluso, tanto che sono stati operati diversi respingimenti collettivi in alto mare di cittadini tunisini diretti verso l’Italia. Con la Libia sono state avviate le discussioni, soprattutto in seguito alla visita del ministro degli interni Anna Maria Cancellieri a Tripoli nell’aprile scorso. Se il Viminale forse non riattiverà  la pratica dei «respingimenti in mare» di cittadini di paesi terzi verso la Libia da parte di navi militari italiane – anche e soprattutto perché tale pratica è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel febbraio scorso -, sembra comunque orientato a riprendere i cosiddetti pattugliamenti congiunti, cioè a delegare alla Libia la politica di contrasto delle partenze (anche di eventuali richiedenti asilo e rifugiati). Il governo transitorio di Tripoli non pare avere problemi in proposito, sempre che l’Italia e l’Unione europea siano disposte a pagare il giusto prezzo per tali politiche. I negoziati sono già  cominciati e lo scambio tra Terzi e Bin Khayal mostra che stanno per entrare nel vivo.


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