«Ripartiamo da zero ma chi ha colpito voleva il terrore»

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Vale per tutto, figuriamoci per le indagini su un attentato come quello di sabato scorso alla scuola MorvilloFalcone. Ieri sera circolava la voce di un nuovo sospetto nel brindisino. Ma l’invito è alla massima prudenza. Ventiquattr’ore fa l’individuazione di C. S. al quartiere Sant’Elia sembrava aver impresso una svolta decisiva nell’inchiesta, ma quella che portava all’esperto di elettronica con un braccio destro offeso si è rivelata ben presto una falsa pista. Facendo così crollare la speranza di aver individuato l’attentatore, l’uomo che appare nelle immagini riprese dalle telecamere antiracket montate sul chiosco di panini posto di fronte alla scuola. «Nelle prime 48 ore – spiega uno degli inquirenti – le inchieste procedono per colpi di reni, poi se non si sono ottenuti risultati concreti, comincia la fase dell’analisi». L’impressione è che il ‘colpo di reni’ sia stata la decisione di far uscire i fotogrammi che mostrano l’attentatore mentre spinge il telecomando che dà  avvio all’esplosione (ieri si parlava di alcune immagini che mostrerebbero l’ombra di una seconda persona). Una decisione presa dopo aver capito che quel volto che usciva dalle immagini, e mostrato a tutti, poliziotti, carabinieri, magistrati, ma anche a tutti i rivenditori di bombole di Brindisi, non era stato riconosciuto da nessuno. Circostanza che ha fatto pensare che l’uomo, oltre a non avere precedenti penali, probabilmente non viveva in città . Far circolare quel fotogramma ha significato sperare nell’arrivo della segnalazione giusta. E in effetti lunedì mattina ai carabinieri una segnalazione era arrivata, ma si è rivelata sbagliata. C.S non si era neanche allontanato dalla città . «Quando siamo arrivati era in casa con la bambina, è venuto in questura dove poco dopo ci ha raggiunto il fratello», prosegue l’investigatore. Che conferma che l’esperto di elettronica non somiglia neanche all’uomo del video. Quest’ultimo sarebbe alto infatti 1,65, meno di C. S. ma più in generale, prosegue, «le fattezze fisiche sono diverse». Da qui l’invito alla prudenza, rivolto a tutti, stampa compresa: «C’è in giro un clima da caccia alla streghe impressionante; pensi che ho dovuto parlare con un mesagnese, uno della Sacra corona unita, per dirgli di non toccare C. S., perché è innocente. Sa, quelli mica ci pensano due volte, vedono uno in questura e per loro è già  colpevole». Ieri dopo un vertice tenuto in mattinata in questura e al quale hanno partecipato il questore Salvatore Terribile, il pubblico ministero titolare delle indagini a Brindisi Milto De Nozza, il capo della procura antimafia di Lecce Cataldo Motta e il capo della mobile brindisina Francesco Barnaba, nel pomeriggio si è svolto un sopralluogo alla Morvillo-Falcone. Una mossa a sorpresa, che ha fatto pensare alla possibilità  che il movente dell’attentato potesse essere ricondotto alla scuola. «Non è così», smentisce l’investigatore. «Ora che la strada e il cortile sono stati ripuliti dai vetri e dai detriti, e le transenne sono state tolte, abbiamo voluto vedere la scena così come l’ha vista l’attentatore sabato scorso, con la gente che camminava, il traffico e tutto il resto». Da lunedì il coordinamento delle indagini è della Direzione distrettuale antimafia di Lecce ma non tutti sono convinti che dietro l’attentato ci siano le cosche. «All’ipotesi della mafia non crede nessuno», spiega l’investigatore. «Brindisi non è come via dei Georgofili a Firenze o via Palestro a Milano. Un gesto come questo, se dietro non c’è un folle, è stato fatto da terroristi e deve servire a creare un clima di tensione nel paese. Come l’attentato al manager dell’Ansaldo a Genova, o quelli compiuti contro le sede di Equitalia».


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