«Un partito laico per salvare l’Egitto»

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La sua rinuncia alle presidenziali è l’inizio di una nuova sfida: quella di far vivere lo spirito di Piazza Tahrir in una forza politica che «sappia unire tutte quelle energie che hanno realizzato la primavera egiziana: quella primavera che da più parti si vorrebbe cancellare». A parlare, in questa intervista esclusiva a l’Unità , è l’ex Direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) e premio Nobel per la pace egiziano, Mohamed El Baradei. A l’Unità , el Baradei spiega le ragioni che l’hanno spinto a fondato un nuovo partito politico, con l’intenzione, rimarca con forza, di «unire il popolo e salvare la rivoluzione e i suoi valori», che rischiano di essere travolti da una transizione democratica in corso segnata da profonde contraddizioni e da non meno inquietanti insidie.
Il suo nuovo Partito della Costituzione segna il ritorno in politica del premio Nobel, che a gennaio aveva annunciato che non si sarebbe candidato alla presidenza del Paese. Aveva infatti dichiarato che era impossibile le elezioni fossero giuste e corrette, in un periodo di transizione così problematico. «Speriamo con questo partito di ricominciare da capo», ribadisce a due settimane dal voto presidenziale: «Chiunque sarà  eletto – avverte El Baradei – sarà  un presidente “dimezzato” nei suoi poteri effettivi, e condizionato dal patto di potere che, al di là  delle dichiarazioni di facciata, unisce i vertici militari e i Fratelli musulmani». La nascita del partito sembra voler controbilanciare l’ascesa degli islamisti, che hanno prevalso su liberali e sinistra nelle prime elezioni parlamentari dalla caduta di Mubarak. Al suo fianco, in questa nuova sfida politica, el Baradei avrà  il noto scrittore Alaa el Aswany. «Lo abbiamo creato (il Partito della Costituzione) per unificare i ranghi e realizzare gli obiettivi della rivoluzione e non per piangere sul latte versato».
Partiamo dalla sua nuova avventura politica. Qual è la motivazione di fondo che l’ha spinta a dar vita al Partito della Costituzione?
«L’obiettivo di questo partito è salvare la rivoluzione del 25 gennaio, che viene svilita ed è quasi stata portata al fallimento, e ristabilire la nostra unità . Quando questa rivoluzione è iniziata non avremmo mai immaginato la situazione in cui ci troviamo oggi e la tragica transizione che stiamo vivendo. Speriamo attraverso questo partito di ricominciare e di costruire il Paese sulla base della democrazia e della giustizia. È giunto il momento di dare inizio a un processo politico globale per raggiungere gli obiettivi della rivoluzione: una rivoluzione su cui la maggioranza del popolo egiziano ha iniziato a lavorare, per vivere in libertà  in questo Paese, in modo indipendente e con dignità ».
Tra due settimane, gli egiziani sono chiamati a eleggere il nuovo presidente, il primo dell’era post-Mubarak. A gennaio, quando annunciò la decisioni di non candidarsi, lei affermò che la sua coscienza gli impediva di partecipare alla corsa per le presidenziali, «perché resta la sensazione che l’ancien regime non sia finito e che la rivoluzione non ci sia mai stata». È sempre di questo avviso?
«Sì, e gli avvenimenti di questi mesi rafforzano la mia convinzione. Il prossimo presidente, chiunque sarà , avrà  prerogative monche. Prima di andare alle urne, era necessario riscrivere una nuova carta costituzionale. Così non è stato, e per una precisa volontà  politica che accomuna i vertici militari e la dirigenza dei Fratelli musulmani. Vorrei ricordare che a carta del 1954 fu scritta dai padri della nazione in 18 mesi…».
Oggi, invece?
«A metà  aprile, mentre ora la giunta militare ha chiesto che la scrittura della Costituzione della rivoluzione avvenisse in un mese. Era evidente a tutti che ciò era impossibile».
Le scorse settimane sono state segnate da scontri sanguinosi che hanno provocato decine di morti. Lei ha avuto parole durissime nei confronti della giunta militare. «Ho sostenuto allora e lo confermo oggi che gli egiziani hanno sacrificato le loro vite per la libertà  e la dignità , non per l’autoritarismo militare o religioso, non per la tirannia di una maggioranza. Quando questa rivoluzione è iniziata, non avremmo mai immaginato la situazione in cui ci troviamo oggi e la tragica transizione che stiamo vivendo. Quanto al massacro di piazza Abbasseya (negli scontri tra manifestanti salafiti e le forze di sicurezza schierate a presidio del ministero della Difesa i morti sono stati trenta, oltre cento i feriti, ndr), delle due, l’una: o governo e militari non sono capaci di proteggere i cittadini, o sono in combutta con i piccoli criminali che hanno attaccato i dimostranti. La giunta militare ha praticato una politica di sicurez-
za repressiva segnata da violenza, provocazione e assassinii, processi di rivoluzionari davanti ai tribunali militari invece di punire chi ha ucciso i loro compagni. Ai generali al potere dico: avete fallito. Andatevene. L’Egitto sta andando in frantumi nelle vostre mani».
C’è chi sostiene che la sua decisione di tornare in campo e fondare il Partito della Costituzione sia venuta troppo tardi.
«Non sono di questo avviso. Avrei voluto, e per questo mi sono battuto, una Costituzione ed elezioni autentiche ed oneste in un contesto ben preparato ma tutto questo non è avvenuto. La fondazione del partito è stata resa necessaria di fronte a una transizione assurda, alla la mancanza di sicurezza, a un Parlamento e un presidente che non conoscono il loro mandato, a processi militari che continuano e a una informazione ufficiale supina. Lavoreremo per salvare l’Egitto dalla bassezza culturale e sociale nella quale si trova e per avere una rinascita. Non aspettatevi risultati oggi o domani, ma fra uno o due anni quando il partito sarà  maggioritario. Un partito laico che rispetterà  tutte le religioni per uscire dall’oscurità  verso la luce».
Tra i candidati alla presidenza, c’è qualcuno che considera più affidabile?
«Ciò che non ritengo affidabile è il potere, monco, che la “dichiarazione costituzionale”, voluta dalla giunta militare consegna al presidente. Per il resto, non partecipo al gioco del male minore tra i candidati in lizza. Quel voto non rispecchierà  comunque le speranze e le aspettative della rivoluzione».


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