Ma il ritorno della dracma costerebbe 11mila euro all’anno per ogni europeo

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ATENE – L’Europa si prepara ad alzare il sipario sulla madre di tutte le tragedie greche: l’addio di Atene all’euro. Il Partenone in crisi non trova la quadra per il nuovo governo e viaggia verso le elezioni-bis. E il vecchio continente allaccia le cinture di sicurezza in vista di un’Apocalisse finanziaria di cui tutti conoscono il copione ma nessuno è in grado di prevedere il finale. Unica certezza: il ritorno della dracma, se mai succederà , «non sarà  indolore né per la Grecia né per la Ue», ha garantito Per Jansson, numero due della Banca di Svezia. E tra corse agli sportelli, crac da brividi, dazi, effetto-contagio (occhio all’Italia) e disordini sociali potrebbe costare all’Europa «100 miliardi in un anno», come ha vaticinato il presidente del Fondo salva-Stati Klaus Regling. 

IL PRIMO ATTO
Il primo atto del possibile Calvario è già  scritto: un fine settimana, a mercati chiusi, Atene formalizzerà  a Bruxelles la sua uscita dalla moneta unica. Poi sarà  il caos. La Banca di Grecia convertirà  dalla sera alla mattina depositi, crediti e debiti in dracme, agganciandoli al vecchio tasso di cambio con cui il Paese è entrato nell’euro nel 2002: 340,75 dracme per un euro. Si tratta di un valore virtuale: alla riapertura dei listini, prevedono gli analisti, la nuova moneta ellenica si svaluterà  del 40-70 per cento. Per evitare corse agli sportelli (i conti correnti domestici sono già  calati da 240 a 165 miliardi in due anni), Atene sarà  costretta a sigillare i bancomat, limitare i prelievi fisici allo sportello e imporre rigidi controlli ai movimenti di capitali oltrefrontiera.

IL PIL GIU’ DEL 20%
L’addio all’euro costerà  carissimo ai greci: il Prodotto interno lordo, calcolano alcune proiezioni informali del Tesoro, potrebbe crollare del 20 per cento in un anno. I redditi andrebbero a picco, l’inflazione rischia di balzare del 20 per cento. Il vantaggio di competitività  garantito dal “tombolone” della dracma sarà  bruciato subito. La Grecia – che a quel punto non avrebbe più accesso ai mercati – sarà  costretta a finanziare le sue uscite (stipendi e pensioni) solo con le entrate (tasse) senza potersi indebitare. E non potrà  più contare né sui 130 miliardi di aiuti promessi dalla Trojka, nei sui 20,4 miliardi di fondi per lo sviluppo stanziati da Bruxelles. Di più: i costi delle importazioni (43 miliardi tra petrolio e altri beni di prima necessità  nel 2011) schizzerebbero alle stelle mettendo altra pressione sui conti pubblici. Un Armageddon che rischia di far passare il memorandum della Trojka per una passeggiata. Il colpo di grazia per una nazione in ginocchio, reduce da cinque anni di recessione che hanno bruciato un quinto della sua ricchezza nazionale e con la disoccupazione al 21,7 per cento.

TORNANO I DAZI
In questa tragedia greca, l’Europa non avrà  solo il ruolo di spettatore. Il pedaggio a carico del Vecchio continente – che un minuto dopo il ritorno della dracma potrebbe imporre dazi alle merci elleniche – è salatissimo. L’effetto contagio, tanto per cominciare, si tradurrà  in una Caporetto per i mercati e una via crucis per Italia e Spagna. Gli spread, calcono gli algoritmi di Sungard, potrebbero salire del 20 per cento, le borse scendere del 15 per cento. Ma è solo l’antipasto. La Grecia – dove le banche saranno nazionalizzate – smetterà  di pagare i debiti anche ai privati e così lo tsunami della dracma travolgerà  diversi istituti di credito e molte imprese continentali. Una matassa inestricabile (anche legalmente), molto peggio di quella della Lehman che nel 2008 ha mandato in tilt il mondo.

I CALCOLI DI UBS
Italiani e spagnoli, ha calcolato Ubs un anno fa, pagherebbero tra i 9.500 e gli 11.500 euro a testa all’anno per l’addio all’euro di Atene. I tedeschi poco meno. Le cifre vanno aggiorante al rialzo: il debito di Atene a fine 2009 (301 miliardi) era tutto controllato da privati. Ora, grazie alla ristrutturazione, è sceso a 266 miliardi. E ben 194 sono in mano a paesi Ue, Bce e al Fondo Monetario. Se la Grecia non onorerà  i suoi impegni come ha fatto l’Argentina, l’Apocalisse europea è belle e servita.


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