Macao in zona Brera nella strada più difficile

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Non buttare mozziconi per terra. Non scrivere sui muri. Cani al guinzaglio. Non sporcare è anche casa tua. Sono solo alcuni dei fogli A4 scritti a pennarello per i curiosi che varcano la soglia del nuovo spazio occupato dai «lavoratori dell’arte» di Macao. Si sono impossessati di una cosa mai vista, come sempre accade a Milano quando si ha il coraggio o l’opportunità  di buttare l’occhio dietro alle facciate delle case. Questa dimora è difficile anche solo immaginarsela come «casa mia», e quei cartelli pieni di divieti dicono che se ne sono resi conto anche a Macao: hanno preso un posto magnifico. Una palazzo storico settecentesco, Palazzo Citterio, in via Brera 12. A pochi metri dalla Pinacoteca di Brera, a due passi dal Teatro alla Scala. Se qualcuno si è impressionato per la Torre Galfa di Ligresti, ancora non ha visto nulla. Un po’ di storia aiuta a comprendere perché, esauriti i complimenti per la location , sarà  necessaria un’approfondita e franca discussione per sostenere l’idea di una sede lussuosa come questa. Palazzo Citterio è stato comprato dallo stato nel 1972, per cui dipende dal ministero dei beni culturali (quindi l’eventuale sgombero può chiederlo immediatamente il ministero dell’Interno). Sono quaranta anni che lo stato pensa di trasformare questi spazi per realizzare la «grande Brera». Risultati: nessuno. La dimora è abbandonata da 28 anni. Solo negli anni Ottanta è stato fatto un intervento ambizioso ricavando nei sotteranei spazi espositivi per migliaia di metri quadrati. Un museo da sogno che nonostante alcuni miliardi di lire non è mai decollato: ha ospitato solo due mostre. Per il futuro è previsto un collegamento tra Palazzo Citterio e la Pinacoteca, unendo le due strutture attraverso l’orto botanico adiacente al grande giardino dove ieri gli occupanti strabuzzavano gli occhi davanti a tanta bellezza. Può Macao avere una sede di questo tipo? La discussione è già  aperta e si annuncia spinosa. Sulla pagina facebook, per esempio, ieri è emersa la spaccatura tra coloro che hanno scelto di alzare nuovamente il tiro e chi avrebbe preferito prendere in considerazione l’offerta della giunta Pisapia (l’ex Ansaldo di via Tortona con un bando pubblico). Altri, invece, avrebbero preferito una zona più periferica, e senza dubbio questa sarebbe stata una scelta politicamente più spendibile. Inoltre alcuni lamentano una mancanza di orizzontalità  sulle decisione prese, e chi decide cosa è «la madre» di tutte le questioni quando ci si vuole organizzare collettivamente all’insegna della trasparenza e della democrazia. In sintesi, «non capisco perché non si potesse nemmeno parlare con le istituzioni» o «mi chiedo perché Macao abbia bisogno di spazi fisici così centrali e chic per farsi ascoltare» e ancora «e le periferie? meglio rimanere nella cerchia dei bastioni perché est plus chic?». Insomma, l’utopia del benecomunismo comincia a confrontarsi con la dura realtà  delle cose quando finalmente accadono scollandosi dalla carta. Macao, inoltre, non poteva non sapere quale sarebbe stata la reazione del Comune di Milano. «Non condividiamo questa nuova occupazione», ha detto il vicesindaco Maria Grazia Guida. «Questa occupazione mette a rischio il progetto della grande Brera ha aggiunto l’assessore alla cultura Stefano Boeri – il mio è un appello a ricredersi, a lasciare libero lo spazio e capire che l’interesse di chi guarda il bene comune del paese è che il progetto prosegua dopo 20 anni di immobilismo». Per Macao il difficile viene adesso. Il patrimonio da tutelare, più che un palazzo del Settecento, sono le migliaia di persone che ci hanno creduto e ancora ci credono.


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