Radiografia di un disastro «Ma numeriamo le pietre e ricostruiamo subito»

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ROMA — L’elenco dei danni è provvisorio, nella sua devastante gravità , già  lungo e dettagliato per la rapidità  dell’intervento. Stavolta il dicastero per i Beni culturali si è mosso in tempo reale. Il ministro Lorenzo Ornaghi, a marzo, ha creato un’unità  di crisi coordinata dal segretario generale Antonia Pasqua Recchia, in stretto contatto con la Protezione civile e i Vigili del fuoco per fronteggiare ogni emergenza. Ieri, amarissimo, concreto debutto. Il segretario generale Recchia si è alternata al coordinamento col neoprefetto Fabio Carapezza Guttuso, capo della Commissione sicurezza patrimonio. Il risultato operativo, per esempio, è stato il rapido arrivo dei Vigili del fuoco specializzati, gli stessi spediti a suo tempo a L’Aquila.
L’area modenese è la più colpita. A Finale Emilia crollata la Torre dei Modenesi, perduto il Mastio della Rocca Estense, danni alla Torre del Municipio e al campanile del cimitero monumentale, alle chiese di San Bartolomeo o della Buonamorte, del Rosario, dell’Annunciata (XVI e XVII secolo), giù il timpano e le navate interne del Duomo. Salva la pala del Guercino della chiesa del Seminario. Distrutta la chiesa di San Carlo, nel comune di Sant’Agostino, dove i Vigili hanno salvato la tela dell’altare con un’operazione spettacolare. Nella chiesa di Buoncompra, vicino Finale, metà  della facciata è crollata. 
Gravissimi danneggiamenti a un’altra Rocca Estense, quella di San Felice sul Panaro, con una storia che comincia nel 927 dopo Cristo. Di nuovo a San Felice crollata in gran parte la Chiesa Arcipretale del 1499 e lesionata la Torre dell’Orologio. In quanto a Ferrara, crollati alcuni cornicioni del Castello Estense, chiusi per precauzione i tre musei statali (Pinacoteca, Museo Archeologico, Casa Romei). Danni alle chiese di San Carlo e Santa Maria in Vado. Nel ferrarese crollata la torre dell’orologio del Castello Lambertini a Poggio Renatico (XV secolo), a Mirabello cedimenti all’oratorio di San Luca e alla chiesa di San Paolo, stessa situazione alla chiesa di San Lorenzo a Casumaro di Cento. Crollata la chiesa di San Martino a Buonacompra di Cento.
Dice Antonia Pasqua Recchia: «Impossibile procedere a una quantificazione economica. Ma il danno è vastissimo. La situazione dei beni culturali in quell’area è ancora più drammatica di quanto non emerga dalle immagini. Se pensiamo che solo a causa della neve sono stati necessari interventi per 20 milioni di euro, possiamo immaginare quanto denaro occorrerà . Il direttore regionale per i Beni culturali dell’Emilia-Romagna, Carla Di Francesco, che sta coordinando le operazioni in tarda serata mi ha parlato di un quadro disastroso». Aggiunge Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali: «Manca una completa mappatura del rischio sismico dei beni culturali. Mancano soprattutto i fondi. Quest’anno il ministero dispone di fatto di appena 85 milioni di spesa con un ulteriore taglio di 9 milioni. Una situazione drammatica, al limite del collasso».
La ferita alla cultura italiana è immensa, come spiega Andrea Emiliani, a lungo soprintendente in Emilia-Romagna: «L’area ferrarese e modenese ha un’importanza estrema sia per quanto riguarda l’architettura militare e di Signoria, quanto per l’intensità  della vita intellettuale della corte estense che produsse una densa creazione architettonica e pittorica». Ecco perché tante chiese, tante strutture militari, questa fitta tessitura di bellezza architettonica sul territorio.
L’Italia, come teorizzava Cesare Brandi, è un grande museo diffuso sul territorio e un terremoto può devastarlo. Ma una volta tanto Vittorio Sgarbi non è catastrofista. Anzi: «Non ci sarà  un altro Abruzzo, dove prevale una cultura assistenzialistica. La laboriosità  degli abitanti della zona è famosa, non staranno lì ad aspettare gli aiuti dal cielo, si organizzeranno. Assisteremo a qualcosa di paragonabile a quanto avvenne in Friuli nel 1976». 
Già  si ipotizzano possibili ricostruzioni. Per esempio del simbolo dei danni culturali di questo sisma, la Torre dei Modenesi, o dell’Orologio, di Finale Emilia: data di nascita 1213, emblema secolare della zona. Dice Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del Ministero per i Beni e le attività  culturali: «È possibile immaginare un’operazione molto complessa ma realistica. Numerare le pietre e rialzare la torre per anastilosi», cioè ricostruire utilizzando i materiali originari accuratamente riordinati. C’è il precedente del duomo di Venzone, in provincia di Udine. Crollò nel terremoto del 1976 e fu ricostruito tra il 1988 e il 1995 proprio per anastilosi, pietra dopo pietra. Rialzare una torre è importante per una comunità , come spiega Luca Zevi, neoresponsabile del Padiglione Italia alla Biennale Architettura: «Parliamo di un simbolo fondamentale legato all’identità  civile e territoriale, visibile da lontano, attorno al quale accorrere in caso di necessità .» Cominciare a recuperare immediatamente sarebbe importantissimo. Proprio per non riscrivere la catastrofica, tristissima pagina del centro storico dell’Aquila. Oggi nuove riunioni al ministero per organizzare squadre di storici dell’arte destinati all’inventario dei danni.


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