Sayonara Genpatsu Dopo Fukushima a tokyo chiude l’ultimo reattore

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I giapponesi sono molto, ma davvero molto superstiziosi. Nel bene e nel male. Non lo danno a vedere, e se glielo chiedi si scherniscono, ma intanto tutte le agendine in vendita indicano chiaramente il Rokuyo, l’antico sistema cinese che divide i giorni della settimana in sfigati ( tomobiki, butsumetsu ), così così ( shakko, sensho, senbu ) e fortunati ( taian ). Il 5 maggio, quest’anno, è un giorno taian (grande pace). Ottimo per sposarsi, aprire un negozio, iniziare un viaggio, cambiare casa e magari fare un figlio. In più, in Giappone il 5 maggio è anche la Giornata dei Bambini, una delle Feste Nazionali più sentite, che a sua volta cade all’interno del superponte primaverile, la cosiddetta «Golden Week». Quale giorno migliore si poteva scegliere per dire addio al nucleare? Per ora, per carità , sembra più un arrivederci, con il governo che si affanna a ribadire che i reattori verranno presto riattivati «secondo la legge» e le compagnie elettriche impegnate come non mai ad esercitare le loro pressioni sulle autorità  locali affinchè diano il loro consenso, giuricamente non necessario ma politicamente, oramai, indispensabile. «La chiusura dell’ultimo reattore in effetto non poteva avvenire sotto migliori auspici – ci dice Takeichi Saito , uno dei pochi antinucleari che incontriamo a Iwanai, la città  dove sorge la centrale di Tomari, l’unica dell’isola di Hokkaido, che ieri ha spento l’ultimo reattore che era rimasto un funzione in tutto il Giappone – lo so che qui fanno tutti finta di niente e che sia il governo che le compagnie elettriche continuano a dire che si tratta di una coincidenza, di un arresto tecnico e provvisorio. Ma non è così. Vedrete. Ora che per un motivo o per l’altro questi mostri sono stati spenti uno per uno, non permetteremo che vengano riaccesi». I castelli incantat Vuoi vedere che questo vecchio maestro d’asilo costretto and andare in pensione in anticipo perché a scuola perfino i bambini lo prendevano in giro (e basta farsi un giro nel «castelli incantati» costruiti vicino alle centrali dalle compagnie elettriche per capire come mai i bambini, i ragazzi, i giovani giapponesi siano ferventi filonucleari) e che da 35 anni, ogni mattina, va sul molo con un secchiello per misurare, (suggerirei di mettere la suo foto col secchiello) e registrare su un taccuino, la temperatura dell’acqua (alterata, a suo parere, dalle attività  della centrale e responsabile della fuga dei pesci) abbia ragione? Può darsi. Il Giappone, che da oggi, per la prima volta dopo 42 anni, vive senza l’energia nucleare, sembra dare segnali positivi. Sarà  la crisi, sarà  il basso livello – per non dire totale sciatteria – della sua classe politica, sia quella al governo che quella all’opposizione, sarà  la crescente consapevolezza dei cittadini, che soprattutto a livello locale sembrano stavolta davvero determinati a non lasciarsi di nuovo ingannare dalle sirene della potente, quanto arrogante, lobby nucleare. Lo si è visto nei giorni scorsi, quando nonostante le ripetute pressioni di due ministri e una telefonata del premier Noda, il governatore di Fukui, la prefettura a più alto tasso nucleare del paese ( 13 centrali per un totale di 22 reattori, tutti fermi) ha risposto picche e si è arroccato, non senza pensare alle oramai imminenti elezioni, sulla sua posizione di assoluta intransigenza. «Non basta superare i test da stress – ha detto Issei Nishikawa – bisogna essere assolutamente sicuri che le centrali siano in grado di superare, e gestire, emergenze come quella di Fukushima». E siccome nessun tecnico, nessun dirigente dell’agenzia per la sicurezza nucleare e soprattutto nessun politico si può assumere questa responsabilità … a bocce ferme. I due reattori di Oki, nonostante abbiano brillantemente passato tutti i test e per la riattivazione dei quali si erano pronunciati ben due ministri ed il premier in persona restano spenti. Il budget pubblicitario Tepco i Una battaglia, una corsa simbolica che il governo e le lobby nucleari hanno perso e gli antinucleari , che al datsugenpatsu (uscita dal nucleare) cominciano a crederci davvero, hanno invece vinto. Non è poco, in un paese, lo ha scoperto a gennaio l’autorevole quotidiano Asahi (che sembra aver finalmente preso forte posizione contro la riapertura delle centrali) dove il budget pubblicitario di una azienda come la Tepco (quella che gestisce, pare ancora per poco, la centrale di Fukushima) è pari a quello della Toyota e dove il governo ha quasi raddoppiato (da 180 a 300 milioni di yen, 2,7 milioni di euro) i sussidi ai provveditorati per la promozione, atraverso specifici programmi, visite guidate e matriali didattici, dell’energia nucleare in tutte le scuole dell’impero. Un andazzo che va avanti da 50 anni e che nemmeno la tragedia di Fukushima sembra aver arrestato. Non lo sapeva nessuno, pare nemmeno l’attuale ministro dell’istruzione Hirofumi Hirano, un galantuomo che ha sacrificato la sua carriera politica accettando di fare il capo di gabinetto al peggiore premier del dopoguerra, Yukio Hatoyama e che ha subito reagito inviando una circolare in cui si ordina ai provveditorati e ai presidi di tutte le scuole di non nion considerare più questi fondi ad uso esclusivo della promozione nuclaere e. di fornire un panorama più diversificato e corretto del settore energetico, affrontando chiaramente anche gli aspetti negativi del nucleare. Insomma, le cose si stanno muovendo. E se anche i grandi giornali ed i network televisivi cominciano a citare – ed invitare in studio – i rapporti e i rappresentanti di una organizzazione sino a poco tempo fa considerata «terrorista» come Greenpeace significa che l’opzione antinucleare, avanzata con coraggio dall’ex premier Naoto Kan è non solo possibile, ma molto probabile. «Ci vogliamo suicidare?» «Stupidaggini», esplode subito, appena entrati nel suo negozio di alimentari, l’unico del villaggio, Fuminori Uruma, presidente del consiglio comunale di Tomari e cugino del sindaco “eterno” di Tomari, Hiroomi Makino, al potere da 18 anni e appena riconfermato, quest’anno, per altri 4 anni, senza nemmeno dover ricorrere alle elezioni: «Non c’erano altri candidati, se devi sciegliere tra il rischio altamente improbabile di un altro incidente nucleare e quello, certo, di affossare ulteriormente la nostra economica e farci sbranare dai cinesi scelgo il primo. Nel modo più assoluto…». E via a ruota libera, tra serio e faceto, spiegando che Tomari oramai è un villaggio legato a doppio filo alla centrale, che i giovani se ne sono andati tutti e che se la centrale chiudesse per davvero sarebbe un disastro sociale. Più di quello provocato a Fukushima, azzardiamo a chiedere… «Non scherziamo, a Fukushima non è successo un bel nulla. Ci sono morti? No. A Fukushima (e ne parla come se fosse in un altro, lontanissimo paese) un evento straordinario come lo tsunami, che qui non esiste e una serie di errori umani commessi da gente che non sa lavorare hanno provocati grandi danni economici. Dei quali qualcuno dovrà  assumersi la responsabilità . Ma morti non ce ne sono e non ce ne saranno. Qui invece, se spegniamo il nucleare, finisce che ci suicidiamo tutti». Curioso che qui, nello sperduto e poverissimo nord, ci sia qualcuno che parla come Yoshito Sengoku, vecchio socialista poi passato al partito democratico, di cui oggi è il vice presidente. «Se rinunciamo al nucleare oggi, in queste condizioni, sarebbe come decidere di suicidarsi in massa». Mah. La vicenda nucleare – ha scritto in un suo editoriale l’ Asahi – ricorda il vecchio gioco popolare dello hyaku monogatar i (cento racconti). Oggi lo si gioca sulle consolle virtuali o sul telefonino, ma un tempo la gente andava nei locali. Si accendevano cento candele e man mano che si raccontavano le storie, le candele venivano spente, sino a restare al buio. Dopodichè, arrivava il fantasma…e la gete scappava, terrorizzata. «Le nostre centrali sono come le candele – scrive l’ Asahi – sono state spente una ad una. E ora tutti si aspettano il mostro cattivo. La crisi economica, i black out, l’aumento dei prezzi. Ma non ci rendiamo conto che il mostro era già  uscito da un pezzo. Il mostro sono le radiazioni, con le quali migliaia di persone, mamme, bambini sono costretti a convivere. Meglio restare al buio, teniamole spente, queste maledette candele».


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