Sull’art. 18 si abbatte la fiducia
Il ddl lavoro che stravolge l’articolo 18 va avanti a colpi di fiducia. Ieri il governo ne ha poste addirittura quattro al Senato, frazionando il disegno di legge in altrettante sotto-parti (flessibilità in entrata, in uscita, ammortizzatori sociali, formazione); in serata è cominciata così la «chiama» dei senatori al voto, con le relative approvazioni. Il primo ok è arrivato poco dopo le 19, con 247 sì, 33 no e un astenuto: ed è il più importante, perché è quello che riguarda l’articolo 18. Il treno non si è fermato, e si è subito avviata la chiama per un nuovo spezzone: il secondo sì (sui nuovi ammortizzatori, tra cui l’Aspi) è arrivato poco prima delle 20, con 246 sì e 34 no. Oggi le ultime due fiducie e alle 13 il voto finale.
Il ddl firmato dalla ministra Elsa Fornero, comunque, passa indenne attraverso diversi «bombardamenti». Non piace alla Cgil, ad esempio, che ieri ha protestato pesantemente non solo contro l’apposizione della fiducia, ma anche e soprattutto riguardo ai peggioramenti imposti da emendamenti dell’ultima ora. Il sindacato guidato da Susanna Camusso ha effettuato un presidio nei pressi del Senato: «Quel testo non ci convince e non apprezziamo la scelta di chiedere la fiducia che tronca il dibattito. Lavoreremo per modificare il provvedimento», ha spiegato la segretaria.
La Cgil contesta soprattutto i peggioramenti sul fronte del contrasto alla precarietà : «Molti sono i punti che non vanno ancora bene e ci sono perfino degli arretramenti su temi delicati e centrali quali per esempio le disposizioni riguardo al già grave superamento dell’obbligo di giustificazione per il primo ricorso al contratto a termine o di somministrazione, raddoppiando il periodo “senza bisogno di giustificazione” a 12 mesi», spiegano al sindacato.
Ecco quindi le modifiche che la Cgil ritiene urgenti, e che se non sono arrivate al Senato, si tenterà di giocarle alla Camera: «Vanno rimossi o comunque ristretti significativamente i periodi che non necessitano di causale giustificativa nel ricorso ai rapporti di lavoro a termine; vanno ripristinate le disposizioni restrittive sul lavoro intermittente; va innalzato significativamente, fino a tre volte, il riferimento economico che esenta il titolare di partita Iva dalla presunzione di subordinazione (da 18 mila a 42 mila euro lordi annui)». E ancora: «Bisogna universalizzare effettivamente gli ammortizzatori sociali per tutti i settori e le tipologie di impiego, mantenendo la funzione integrativa della bilateralità contrattuale; va rimossa la retroattività del licenziamento in caso di esito negativo della procedura di conciliazione».
Pronta a mobilitarsi è anche la Fiom, che sottolinea di più il nodo dell’articolo 18 e la sua manomissione: il segretario Maurizio Landini ha annunciato ieri «due giornate di mobilitazione: il 13 nei territori e il 14 giugno anche con presidio a Roma, davanti al Parlamento». La Fiom scenderà in piazza «contro la riforma del mercato del lavoro, per la difesa dell’articolo 18, contro l’assenza di politiche industriali, per le garanzie del futuro per i cosiddetti “esodati”, per la democrazia nei luoghi di lavoro e il contratto nazionale». «Una decisione – ha concluso Landini – che rispetta gli impegni votati dall’Assemblea nazionale dei delegati di Montesilvano, il 10 e 11 maggio».
A favore della fiducia posta dall’esecutivo si dichiara invece Raffaele Bonanni, leader della Cisl: «È un risultato da custodire perché poteva andare peggio: il governo era già tornato indietro moltissimo».
Tornando al Senato, si deve riferire della colorita protesta attuata dagli ex senatori Giovanni Russo Spena (Prc) e Manuela Palermi (Pdci): insieme al comitato «No debito», dalle tribune hanno lanciato sull’emiciclo del Senato un mucchio di volantini con su scritto «No alla distruzione dell’articolo 18. No alle controriforme del governo e della Bce. No a Monti. Libertà e diritti per il lavoro». I volantini sono stati subito ritirati dai commessi e il presidente di turno Vannino Chiti (Pd) prima ha invitato gli autori della protesta a desistere, infine li ha fatti espellere.
«L’approvazione della prima fiducia al Senato sulla modifica dell’articolo 18 è la prima coltellata inferta dal governo ai diritti dei lavoratori. La crisi non si risana facendola pagare alle fasce sociali più deboli e agli onesti cittadini», ha scritto invece sulla propria pagina Facebook il presidente dell’Idv, Antonio Di Pietro.
Ma nonostante le contrarietà di Cgil, Fiom e alcuni partiti, la maggioranza è decisa ad approvare il testo speditamente anche alla Camera: «La prossima settimana la riforma del mercato del lavoro andrà alla Camera che, se non farà modifiche, ne consentirà la pubblicazione entro 10-15 giorni», hanno annunciato Maurizio Castro e Tiziano Treu.
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