Un piano Merkel per la crescita europea

by Editore | 26 Maggio 2012 7:02

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BERLINO – In minoranza nell’Unione europea, isolata dal pressing dell’amministrazione Obama e del Fondo monetario internazionale perché Berlino pensi di più alla crescita e non solo al rigore, Angela Merkel ha approntato il suo piano per il rilancio dell’Europa mediterranea. Un piano in sei punti per zone economiche speciali, deregulation a tutto campo del mercato del lavoro, sì ai lavori sottopagati, lotta alla burocrazia. Il piano è stato anticipato da Spiegel online, proprio mentre si apprendeva che il vertice sul futuro dell’eurozona e dell’euro e sulla preparazione del summit europeo di fine giugno, proposto dal presidente del Consiglio Mario Monti, si terrà  dopo il 17 giugno, quindi dopo il secondo turno delle elezioni parlamentari francesi. E Monti in persona affermava quattro importanti convinzioni. Cioè, nell’ordine: che un’uscita dal tunnel della crisi c’è ma dipende dall’Europa realizzarla. Che la crescita economica a tal fine è essenziale. Che gli eurobond alla fine saranno varati, visto che molti governi sono favorevoli. E che l’Italia assume un ruolo di “facilitatore” tra la Francia di Hollande e la Germania della Merkel.
Su questo sfondo, i mercati hanno debuttato bene con lievi rialzi, in segno di fiducia verso l’ottimismo di Monti sui tempi di un possibile lancio degli eurobond. Ma poi nel pomeriggio tutte le Borse hanno perso terreno. 
La cancelliera vuole proporre appunto un piano in sei punti per l’Europa meridionale, invitandola a istituire, specie nei paesi più deboli come Grecia e Portogallo, zone economiche speciali. Cioè zone franche dove si possa investire senza pagare imposte o quasi. Tali zone esistono ad esempio in Cina, ma con l’alto costo sociale delle condizioni di vita dei lavoratori. Merkel propone poi in sostanza di mutuare in modo acritico soluzioni e modelli tedeschi, a prescindere dalle differenze di strutture economiche e sociali. Il piano in sei punti prevederebbe: l’instaurazione di vantaggi fiscali per gli investitori stranieri decisi a operare nell’area mediterranea dell’Unione europea. Poi la sostanziale riduzione degli ostacoli e lentezze della burocrazia, che impediscono o rallentano ogni attività  economica. 
In seguito la creazione di un ente in sostanza pubblico che gestisca le privatizzazioni necessarie, con esplicito richiamo al precedente tedesco della Treuhandanstalt, l’agenzia che in modo spesso discutibile privatizzò l’economia della Germania orientale dopo la riunificazione del 1990. E ancora: mutuare il sistema di formazione professionale duale in vigore in Germania, quindi la formazione scolastica immediatamente seguita da una “Ausbildung” (praticantato professionale) cui poi spesso segue l’assunzione. Di seguito, una flessibilizzazione del mercato del lavoro, sulla scia della riforma dell’articolo 18 secondo le idee del governo italiano. E la creazione di un settore a basse retribuzioni, sotto i livelli contrattuali, pur di strappare più persone al destino nero della disoccupazione.

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