Una lezione di economia e una di anti-fascismo

Loading

Lo sanno molto bene i politici e i banchieri europei che – assieme ai loro omologhi statunitensi – hanno approvato e imposto alla Grecia già  due pacchetti di austerità . Ed è per questo che ora, senza alcuna vergogna, minacciano la sinistra radicale di Syriza che se non verrà  formato un governo disposto ad applicare fedelmente l’«austerità », la Grecia sarà  sbattuta fuori dall’eurozona. Viene da chiedersi se si tratti di una minaccia o di una promessa. La società  greca non ha paura di un governo di sinistra che possa dichiarare bancarotta e uscire dalla zona euro. Come ha detto Romano Prodi, un’uscita della Grecia attraverso un coerente programma socialista avrebbe ripercussioni sull’intera periferia dell’Europa, mettendo in pericolo le fondamenta del progetto europeo. Una minaccia che andrebbe letta al contrario. Ma che posizione prenderà  Hollande? Il neoeletto presidente francese ha di fronte a sé due possibilità . Può andare incontro alle aspettative del suo elettorato e mettere in atto un’agenda anti- «austerità » sulla base di quanto promesso in campagna elettorale, oppure può unirsi alla crociata neoliberale e anti-inflazionistica di Angela Merkel, che nell’Unione europea è stata battezzata eufemisticamente «Patto di stabilità  e crescita». Se sceglierà  la prima strada, si avvicinerà  alle aspirazioni dei greci e di Syriza; se opterà  per la seconda, si schiererà  non soltanto con coloro che hanno causato la crisi – cioè i banchieri e i trafficanti di titoli del debito pubblico – ma anche con coloro che hanno favorito l’avanzata della destra razzista in Europa. Il neoliberismo e la globalizzazione – eliminando qualsiasi elemento di welfare e di protezionismo – hanno coltivato il neo nazismo, da un lato sfruttando senza pietà  i lavoratori migranti e, dall’altro, varando contro di loro leggi oscurantiste. Entrambe queste politiche hanno acuito le tensioni sociali in Europa e regalato enormi benefici politici ed elettorali ai partiti xenofobi e antisemiti, e in generale alla nuova destra. L’estrema destra greca di Chrisi Avgi è entrata in Parlamento, ma si spegnerà  rapidamente, perché non esprime alcun intellettuale di peso, né ha leader come Marine Le Pen del francese Front National. E storicamente il fascismo o il nazismo non sono mai stati radicati nella società  greca. Ma l’estrema destra nell’Europa continentale è pericolosa, perché esprime leader carismatici che s’ispirano a tradizioni profondamente radicate che attualmente sono sostenute dalla crociata monetarista e neoliberale della Germania. Le elezioni francesi e greche hanno dimostrato, tra le altre cose, che è la cultura monetaria anti-inflazionistica della Germania che favorisce l’ascesa della destra razzista in Europa, a differenza di quanto – si potrebbe sostenere – accadde negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, quando fu il suo statalismo autoritario a causarne l’affermazione. Ma la teoria e la storia delle relazioni internazionali suggeriscono che gli attori, le élite e le agenzie statali tendono a seguire il più forte degli attori sulla scena, anche a causa dell’interdipendenza dei loro interessi di classe, che sono superiori ai legami con gli attori e gli Stati più piccoli e più deboli. Con ogni probabilità  la Francia di Hollande non abbandonerà  la Germania di Merkel per il bene della Grecia o dell’intera periferia dell’Europa. Nonostante i risultati del voto greco, Hollande non proverà  a isolare la Germania sostenendo i greci, gli spagnoli, i portoghesi e gli irlandesi – l’Italia rappresenta un problema a parte. È così che il verdetto democratico e i diritti di popoli e società  intere vengono sopraffatti nelle democrazie capitalistiche. Ma c’è ancora speranza. Come ha sostenuto Gideon Rachman sul Financial Times dell’8 maggio scorso, qualsiasi accordo europeo essenzialmente monetaristico tra Hollande e Merkel smaschererebbe come vacua la retorica anti-«austerità » di Hollande. Quest’ultimo verrebbe abbandonato dalla sinistra di Jean-Luc Mélenchon, arrivata quarta al primo turno delle presidenziali. E, soprattutto, si alienerebbe la periferia dell’Europa e l’intera regione del Mediterraneo che vede nella Francia un leader e un alleato per promuovere politiche sociali. A giudicare da come la regione appare dopo le primavere arabe e le crisi siriana, libica, tunisina ed egiziana, la Francia direbbe addio alla sua partnership euro-mediterranea, al Processo di Barcellona e a tutto il resto. È ormai chiaro che l’Europa è davanti a un bivio: o sceglie un’agenda federale keynesiana a favore della crescita e del welfare, o sacrifica la sua popolazione sull’altare del salvataggio delle banche e dei trafficanti di titoli del debito pubblico. Se la prima opzione non è sul tavolo, non lo è nemmeno la seconda basta guardare ai risultati delle elezioni e ai movimenti sociali in Grecia. Il popolo greco ha mostrato all’Europa non solo la strada da imboccare in politica economica, ma anche come fermare l’avanzata nel Continente del neo-fascismo. *Professore di relazioni internazionali presso l’Università  di Richmond, Londra Traduzione di Michelangelo Cocco


Related Articles

Petraeus. Ma resta l’ombra del disastro di Bengasi

Loading

L’Fbi aveva aperto un’indagine sulla sua amante: la donna provò a carpire informazioni «top secret»

Draghi e Monti in campo per l’euro ma la Germania si spacca sulla Bce

Loading

 Il vicecancelliere:“No all’acquisto di titoli”. Tour del premier

Il Cairo, battaglia nelle strade: 3 morti i generali impongono il coprifuoco

Loading

Furioso assalto alla cittadella militare del ministero della Difesa. Tensione a pochi giorni dalle presidenziali

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment