Una vita al testosterone
A Wall Street il testosterone è bisex? La famosa teoria per cui i trader più spericolati sui mercati finanziari hanno alte dosi di ormone maschile, è messa alla prova dal caso di Ina Drew, la capa della divisione investimenti responsabile dei 2 miliardi di perdite alla JP Morgan, costretta ieri alle dimissioni ma non prima di essersi fatta una fama come finanziera aggressiva e spericolata. La Drew non è la prima donna a scalare i vertici di Wall Street (più in alto di lei c’è la numero due di Bank of America). È stato preveggente il film «Margin Call» (appena uscito in Italia) che ha affidato all’attrice Demi Moore un personaggio simile con una responsabilità identica alla Drew: la gestione del rischio, un settore dove il testosterone “scorre a fiumi”, visto che anziché proteggere le banche dalle perdite i protagonisti di queste attività sono spesso a caccia di guadagni immensi, rapidi e azzardati. La dimensione “clinica” dell’alta finanza attira un’attenzione crescente. Il New York Times cita dalla rivista Cfa Magazine una ricerca firmata Sherree DeCovny secondo cui il 10% dei banchieri di Wall Street sono “clinicamente psicopatici” (contro l’1% nella popolazione generale).
Si moltiplicano i banchieri e trader Street che fanno ricorso a cure di testosterone. Al punto che una clinica specializzata ha aperto proprio nel cuore della City finanziaria di Manhattan, suscitando l’attenzione del Financial Times. I manager della finanza non cercano nel testosterone un aiuto per virilità e prestazioni sessuali (checché possa far pensare un altro film recente ambientato in quel mondo, “Shame”). Quello che vogliono è una droga che li renda più aggressivi, più competitivi, più efficienti. Il boom nel consumo di testosterone si è perfino accentuato dopo la crisi: perché siamo in epoca di licenziamenti nelle banche, quindi “mors tua vita mea”, la selezione delle specie diventa più spietata e sopravvivono meglio gli alfa-animali, i capobranco più cattivi.
Accanto al testosterone non è diminuita la domanda di droghe più “tradizionali”. La cocaina che scorre a fiumi emerge da una delle più importanti indagini recenti su insider trading. Un’indagine giudiziaria con personaggi che sembrano una sintesi dell’élite di Manhattan: multietnica, sofisticata, a suo agio nelle tecnologie avanzate, e ricca sfondata. Il procuratore capo in questo caso è Preet Bharara, di origine indiana. La sua preda designata è una donna: Winnie Jiau, cinese etnica, consulente nelle tecnologie avanzate con il vizietto di speculare illegalmente su informazioni riservate. L’accusa ha portato a testimoniare contro la Jiau un altro giovane protagonista della vicenda. Lui è Noah Freeman, 35 anni, brillante laureato a Harvard, trader finanziario per la società Sac Capital. In cambio della protezione della polizia, e di un probabile sconto della pena, Freeman ha vuotato il sacco. Ma non solo sulle tecnicalità dell’insider trading. La sua testimonianza più sconvolgente è un racconto a base di «funghi allucinogeni, karaoke bar a luci rosse, prostitute taiwanesi da duemila dollari a notte». Un «contorno» alla vita spericolata che i trader conducono di giorno, quando a Wall Street azzardano puntate di miliardi sui titoli derivati. Le rivelazioni del trader pentito fanno breccia in un muro di omertà . Un altro protagonista del giornalismo d’inchiesta americano, Danny Schechter autore di «Saccheggio, Wall Street e il crimine dei nostri tempi», ha parlato del «fattore testosterone» che domina nel mondo delle grandi banche, e del silenzio che circonda questo fenomeno. «È davvero singolare – sostiene Schechter – che si sappia così poco sul legame fra il sesso estremo e la vita ad alta tensione, iperstressata dei nostri grandi banchieri».
Gli scandali esplosi alla luce del sole finora si contano sulle dita di una mano. Come quello dell’ex chief executive di Bp, John Browne, nonché ex membro del consiglio d’amministrazione di Goldman Sachs, costretto a dimettersi per le rivelazioni di un escort-boy, un giovane remunerato per prestazioni gay a pagamento. Perfino il mariuolo per eccellenza, Bernard Madoff, ha dovuto aspettare di finire in carcere a vita perché la sua amante-massaggiatrice vuotasse il sacco raccontando i suoi gusti molto particolari. Jonathan Albert, psicologo con clienti a Wall Street, è il solo esperto ad avere tradito il segreto professionale in questo campo: «I Vip dell’alta finanza qui vivono immersi in un clima di narcisismo totale, la loro stessa attività li rende insensibili agli effetti che le loro azioni hanno sugli altri». Escort e droga non sono solo un premio di produzione per incentivare i giovani al rendimento, o una gratifica offerta ai clienti più facoltosi, spiega Albert: spesso sono «l’altra faccia di una vita vissuta ad alta velocità ».
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