Atene chiede 2 anni in più per risanare la Ue frena: non si parla ora di proroghe

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ATENE â€” La Grecia bussa e l’Europa (per ora) risponde picche. Il nuovo governo di unità  nazionale di Atene ha messo nero su bianco la sua proposta per l’ammorbidimento del piano di salvataggio imposto da Ue, Bce e Fmi in cambio di 230 miliardi di aiuti internazionali. Il neo premier Antonis Samaras — operato ieri senza complicazioni per il distacco della retina — chiede lo spostamento dal 2014 al 2016 della data entro cui raggiungere gli obiettivi del bilancio, uno stop ai licenziamenti nel settore pubblico (Bruxelles ne vuole 150mila entro il 2015) più l’aumento del 22% del salario minimo e il ritorno ai contratti collettivi. Un libro dei desideri che posiziona l’asticella molto in alto e che non a caso Bruxelles ha rispedito al mittente senza troppa diplomazia: «Non se ne parla nemmeno — ha risposto a stretto giro di posta il portavoce del Commissario agli affari economici Olli Rehn — . Prima la Grecia dovrà  farci il punto di cosa ha già  fatto, cosa non ha fatto e cosa intende fare in futuro per rispettare i suoi impegni. Poi si discuterà ».
La palla adesso è nel campo dei rappresentanti della Trojka che all’inizio di luglio inizieranno un’analisi dettagliata dello stato di salute finanziaria di Atene.
La loro missione, inizialmente prevista per domani, è slittata a causa delle condizioni di salute del premier e del ministro dell’Economia ellenici. La Trojka difficilmente troverà  belle sorprese. L’austerità  e una stretta creditizia da brividi hanno congelato l’economia ellenica. Il Pil è sceso del 6,5% nel primo trimestre, le entrate fiscali sono crollate perché le imprese — a corto di liquidità  â€” preferiscono tenere i soldi in cassa per non chiudere i battenti mentre la disoccupazione ha raggiunto il non ambitissimo record europeo del 54%. Morale: a metà  luglio senza nuovi aiuti internazionali il Paese non sarà  in grado di pagare stipendi e pensioni mentre già  oggi diverse aziende estere hanno sospeso le forniture agli ospedali se non sono pagate in contanti.
La relazione della Trojka su Atene servirà  da base per i negoziati che inizieranno al summit europeo di giovedì e venerdì. Sul piatto, anche se Samaras tende a rimuovere il problema, anche gli 11,5 miliardi di nuovi tagli che il suo governo dovrebbe individuare entro fine mese per sbloccare altre tranche di aiuti. La strada per il premier ellenico è strettissima: da una parte deve portare a casa un sensibile miglioramento delle condizioni del memorandum per puntellare il suo
esecutivo non proprio solidissimo e arginare la crescente popo-larità  della sinistra radicale di Syriza. Dall’altra deve evitare di tirar troppo la corda per non dar fiato ai falchi (e ce ne sono molti) secondo cui a questo punto sarebbe meglio abbandonare Atene al suo destino, arretrando la linea Maginot a difesa dell’euro su Spagna e Italia.
La Grecia (e questo forse per lei è un piccolo handicap) è diventata ormai solo uno dei tanti
problemi sul tavolo di un euro nella bufera. C’è da dar concretezza alle proposte uscite dal vertice di Roma (la Bundesbank ieri da detto no alla proposta di Mario Monti di far comprare titoli di Stato a Efsf e Esm), da calibrare il salvagente da 100 miliardi per le banche spagnole, da mettere a punto i project-bond. Un’agenda fittissima su cui resta l’ombra dell’intransigenza tedesca, con un’Angela Merkel che resiste sulle sue posizioni, ignorando gli
appelli e le pressioni a una maggior flessibilità  in nome del salvataggio dell’euro che arrivano dal di qua e dal di là  dell’Atlantico. Ad ammorbidire la Cancelliera ci proverà  Francois Hollande che ha invitato la Merkel mercoledì sera a una cena riservata all’Eliseo. Mentre per il 4 luglio, secondo indiscrezioni che ieri non è stato possibile verificare, sarebbe in calendario un bilaterale Italia-Germania a Roma.


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