Berlino non chiude la porta e Schaeuble fa da mediatore

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BRUXELLES – Una tabella di marcia impossibile, dieci giorni per salvare l’Italia e l’euro da una crisi che ora rischia di inghiottirli. La tattica negoziale messa a punto dal premier insieme ai due uomini chiave della partita, Grilli e Moavero, si avvicina all’azzardo, ma nelle ultime ventiquattro ore da Berlino sono arrivati segnali che autorizzano un barlume di ottimismo. Oltretutto dietro le quinte anche il presidente della Bce Mario Draghi sta cercando di facilitare i negoziati. Ma non per questo la battaglia sarà  meno dura, con il filo negoziale che potrebbe spezzarsi in qualsiasi momento. Con il terrore che senza un accordo lunedì i mercati aggrediscano l’euro trascinandolo a fondo in poche settimane.
Martedì notte — tornando dalla riunione di Parigi con i colleghi di Francia, Spagna e Germania — Vittorio Grilli ha portato il messaggio di speranza più atteso: Schaeuble, ha spiegato, «non ha dato un consenso al meccanismo per stabilizzare i mercati, ma si è dimostrato pronto a discutere». L’apertura che Monti aspettava. Così per tutta la giornata di ieri il negoziato è proseguito frenetico. Non solo a livello di ministri, ma anche di Cancellerie. Monti nel pomeriggio ha iniziato un giro di telefonate riservate che entro questa mattina lo porterà  ad avere parlato con tutti i leader della zona euro. Angela Merkel compresa. Il Professore si è consultato anche con il premier inglese David Cameron ed è tornato a parlare con Obama. E’ probabile che oggi, prima dell’avvio del summit, incontri di persona il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e della Commissione Josè Barroso, ai quali ripeterà  che il meccanismo ideato a Roma non è stato disegnato per aiutare l’Italia, ma vuole solo riportare il mercato a «funzionare correttamente», a far pagare ai governi i tassi che si meriterebbero in cambio dei loro Bond, non quelli esorbitanti dovuti al contagio che ha terremotato l’euro.
Intanto ieri, mentre il negoziato riservato era in corso, in pubblico Monti ha alzato ulteriormente i toni. Arrivato a Bruxelles nel pomeriggio, si è recato alla sede della rappresentanza bavarese dove ha ricevuto un premio dell’Associazione dei contribuenti europei. Ringraziando la platea Monti ha sfoderato un altro tassello della strategia negoziale italiana, ovvero che è pronto a sfilarsi dalla Tobin Tax se non ci sarà  il via libera allo scudo contro lo spread. Una sfida non da poco: la Merkel ha ottenuto il via libera della Spd a votare la ratifica del fondo salva-stati e del Fiscal Compact, la sua creatura sul rigore, solo in cambio della tassa sulle transazioni finanziarie. Ma se l’Italia non la adotterà  rischia di nascere azzoppata o di non nascere proprio. Oltretutto la Merkel ha fissato le ratifiche al Bundestag per domani pomeriggio alle cinque. E qui sta la scommessa di Monti.
Facendo un passo indietro, sarà  a cena, questa sera, che nella discussione sul documento per rinforzare la governance economica dell’Unione scritto da Van Rompuy i leader parleranno dello scudo anti-spread. Le delgazioni in arrivo a Bruxelles danno per scontato che la riunione tracimerà  nella notte. Durante la maratona negoziale si potrebbe trovare un accordo politico, lasciando poi agli sherpa il compito di scriverlo fino all’alba e poi approvarlo con le conclusioni del Consiglio europeo domani mattina. Ipotesi che però rischia di eccedere in ottimismo. Se non ci sarà  accordo, sarà  necessario sospendere i lavori del summit per permettere alla Merkel di andare a Berlino per le ratifiche. E tutti sanno che fino a che il Parlamento non avrà  approvato Esm e Fiscal Compact non potrà  né incassare una sconfitta definitiva sulla Tobin Tax, altrimenti perderebbe i voti della Spd, né cedere sugli spread, altrimenti irriterebbe la sua Cdu. Una lettura implicitamente confermata ieri pomeriggio nel giardino della rappresentanza bavarese da Elmar Brock, capogruppo della Cdu all’Europarlamento molto vicino alla Cancelliera. «Prima dobbiamo fare queste benedette ratifiche — ripeteva sorseggiando una birra — poi sabato potrebbe essere un giorno migliore».
Un’allusione a una notizia che tramite canali informali è arrivata anche a Roma: tra il ministero delle Finanze di Schaeuble e la Cancelleria della Merkel i tedeschi stanno lavorando a un documento con una serie di controproposte. Insomma, una volta approvato il Fiscal Compact la Merkel, sabato mattina, tornerebbe a Bruxelles con una serie di sue idee da mettere sul tavolo. Un modo per dimostrare all’opinione pubblica tedesca che non ha ceduto, ma ha dettato lei i termini di un accordo. Che a quel punto potrebbe essere raggiunto. Tuttavia i punti aperti sono ancora molti. Ad esempio si discute quando la Bce e l’Esm debbano intervenire per abbassare i tassi di un Paese sotto attacco. Per l’Italia circolava l’ipotesi di un intervento ogni volta che lo spread superi i 250 punti base (oggi è a 470), ma i tedeschi vogliono stare più alti. Roma è pronta a cedere fino a 300. Si tratta. Come sulla definizione di cosa si intenda per Paese virtuoso, ovvero meritevole di essere aiutato dallo scudo europeo, e sugli altri meccanismi dello scudo. Ma un accordo, tra sabato e domenica, sembra possibile. E farebbe il paio con il piano per la crescita — che conterrà  anche la Golden Rule cara a Monti — e le riforme di governance della Ue. Sperando dunque che il venticinquesimo summit dall’avvento della crisi sia quello risolutivo.


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