“Chiedo asilo all’Ecuador” Assange si rifugia nell’ambasciata a Londra

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LONDRA â€” La Primula Rossa del web va a nascondersi sotto il naso della polizia. Esauriti gli appelli contro la richiesta di estradizione in Svezia, dove è accusato di stupro, ieri sera Julian Assange si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador, nel cuore della Londra di lusso, a due passi dai grandi magazzini Harrods e a breve distanza dal quartier generale di Scotland Yard. La notizia arriva da Quito, capitale ecuadoregna, dove il ministro degli Esteri Ricardo Patilo annuncia a sorpresa: «Stiamo considerando la richiesta di asilo politico presentataci dal fondatore di Wikileaks».
Il ministro spiega che Assange ha scritto una lettera al presidente dell’Ecuador descrivendosi come un “perseguitato” politico. «La persecuzione di cui sono oggetto in vari paesi — afferma il giornalista australiano — è causata non solo dalle mie idee e azioni, ma anche dal mio impegno per pubblicare informazioni che coinvolgono i potenti, di rendere nota la verità  e, con ciò, di smascherare la corruzione e i gravi abusi dei diritti umani nel mondo». Più tardi l’ambasciata dell’Ecuador emette un comunicato: «Julian Assange è da oggi pomeriggio sotto la protezione dell’Ecuador. Come firmatario della dichiarazione universale dei diritti umani, il nostro paese ha l’obbligo di considerare ogni domanda di asilo. Questa decisione non deve essere interpretata in alcun modo come un’indebita interferenza nei processi giudiziari di Gran Bretagna e Svezia». Londra e Stoccolma non la vedono così. Un processo iniziato nel dicembre del 2011 è giunto a conclusione nei giorni scorsi. Novembre 2010: Wikileaks pubblica 250mila documenti riservati sulla guerra in Iraq, imbarazzando gli Stati Uniti e altri governi. Dicembre 2010: accusato di stupro da due volontarie della sua organizzazione, che lo hanno conosciuto durante un viaggio da lui fatto in
Svezia, Assange si presenta a una stazione di polizia a Londra, dicendosi innocente (ammette soltanto di avere avuto rapporti sessuali «non protetti»). Dopo una settimana di prigione, gli vengono concessi gli arresti domiciliari,
prima presso il Frontline Club, un circolo di giornalisti, quindi nella casa di campagna del presidente del Frontline, Vaughan Smith, a Norfolk. La Svezia chiede l’estradizione. Assange rifiuta, sostenendo che si tratta di un complotto per metterlo in carcere e poi estradarlo negli Usa dove verrebbe perseguito per spionaggio. I giudizi di primo grado e di appello ritengono valida la richiesta di estradizione. Una settimana fa arriva la conferma della Corte Suprema. Dal 28 giugno Assange potrebbe essere estradato in Svezia. Gli resta la possibilità  di un appello alla Corte dei diritti umani di Strasburgo, ma sceglie un’altra strada. Perché si rifugia proprio nell’ambasciata dell’Ecuador? Perché nel 2010 il paese sudamericano gli aveva già  offerto la cittadinanza. Il suo presidente, Rafael Correa, ha stretto un’alleanza con Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua, le nazioni più anti-occidentali del continente.


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