Crolli e paura Nuova forte scossa avvertita al Nord

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MIRANDOLA — Senza tregua. Quando pareva che la febbre sismica cominciasse a placarsi. Una botta di magnitudo 5.1 alle 21.20. Una scossa lunga una ventina di secondi, un’eternità , sentita in tutta la Pianura padana, da Milano a Trento, da Bolzano a Firenze. Ma è qui, in questo triangolo tra Modena, Ferrara e Bologna, terra di sfollati (17 mila) e di rovine, che ha fatto più male. L’epicentro, secondo l’Istituto nazionale di geofisica, è tra Novi di Modena, Concordia e San Possidonio, nel Modenese. Non distante comunque da Mirandola, Cavezzo e Medolla, i paesi più colpiti dal sisma di martedì scorso. È tra le scosse più violente dopo quella record del 20 maggio. Dalle prime verifiche, non ci sono vittime né feriti. Crolli però sì, tanti: alcuni edifici già  lesionati dallo stillicidio di scosse di questi ultimi 15 giorni (più di 1500) non hanno retto. A Novi di Modena è crollata la Torre dell’Orologio. E situazioni analoghe si sono verificate a Concordia, a San Possidonio e a Cavezzo. «La maggior parte dei danni — hanno sottolineato i carabinieri di Carpi — si è verificata nelle zone rosse, là  dove si concentra la maggior parte degli edifici lesionati». Una notte di terrore per gli sfollati. Molti di loro hanno abbandonato di corsa le tende e le strutture nelle quali sono ospitati, riversandosi in strada. Vigili del fuoco e Protezione civile hanno immediatamente avviato un capillare controllo di tutte le zone rosse per verificare che non vi fossero situazioni di pericolo.
Nelle strade hanno ricominciato a ululare le ambulanze. E anche quei pochi cittadini ai quali era stato concesso di dormire in casa, soprattutto se residenti ai primi piani, si sono rifugiati nelle auto o nelle tende piazzate in giardino. È un’emergenza continua. Destinata, tra l’altro, ad allungare ulteriormente i tempi della ricostruzione. Stefano Draghetti, sindaco di Cavezzo, è sconsolato: «Se continua così, non ne usciremo mai più. Ora dovremo rifare daccapo tutte le verifiche sulle abitazioni, i luoghi pubblici e i capannoni industriali. L’unica cosa che mi consola è che la mia gente è in tenda: almeno non rischia la pelle». Anche il suo collega di Mirandola, Maino Benatti, ha un diavolo per capello: «È un incubo, siamo entrati in un tunnel del quale non scorgiamo l’uscita. Anche stavolta è stata una brutta scossa. Ho sentito delle urla, in un primo momento mi sono spaventato, ma poi, facendo un giro in paese, mi sono accorto che nessuno era in pericolo». Crolli anche nel centro storico di Finale Emilia, epicentro del primo terremoto del 20 maggio.
Un colpo basso per queste popolazioni, ormai stremate. Tra gli sfollati ci sono stati alcuni malori, niente di particolarmente grave. «Le persone sono smarrite — hanno raccontato i volontari —. Chi piange, chi cerca conforto, chi se ne sta solo con la testa tra le mani». I bollettini degli ultimi due giorni avevano fatto sperare in un rallentamento dei movimenti tellurici: era calata la frequenza delle scosse e anche l’intensità  si era stabilizzata sotto i 3 di magnitudo. Poi ieri sera si è ripiombati nell’incubo: 5.1 alle 21.20, 3.3 alle 21.30, 2.5 alle 21.34, 3.1 alle 00.27. Il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, non si era fatto illusioni nei giorni scorsi: «L’emergenza non è ancora superata. Nel caso di terremoti così violenti, le scosse possono durare settimane e con intensità  notevole». Aveva visto giusto, purtroppo. 
Intanto Johannes Hahn, commissario Ue alla Politica regionale per il Fondo di solidarietà  ieri in visita ai comuni colpiti dal sisma, ha annunciato che l’Ue stanzierà  150-250 milioni di euro per far fronte ai danni subiti.


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