Dieci miliardi in un mese dalle dismissioni

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ROMA — Dieci miliardi di euro entro l’anno per ridurre il debito pubblico e quello, di natura commerciale, verso le imprese. Il governo rimette in moto il meccanismo delle dismissioni: ieri il Consiglio dei ministri ha deciso la cessione di Fintecna, Sace e Simest, oggi controllate dal Tesoro, alla Cassa Depositi e Prestiti, che è fuori dal perimetro della pubblica amministrazione. La Cassa verserà  i dieci miliardi allo Stato, ma il suo apporto al piano delle dismissioni non si limiterà  all’acquisto delle partecipate del Tesoro. L’istituto creerà  infatti due fondi aggiuntivi per acquistare gli immobili e le partecipazioni degli enti locali nelle società  che svolgono servizio pubblico locale. Che si affiancheranno ad un altro fondo, varato ieri direttamente dal governo, per la privatizzazione degli immobili dello Stato e degli enti locali.
Complessivamente l’operazione varata ieri vale circa 14 miliardi di euro. Il fondo creato dallo Stato per acquistare gli immobili, valorizzarli e poi collocarli sul mercato, avrà  infatti una dotazione in questa prima fase, nella quale verranno conferite circa 350 proprietà , di 1,5 miliardi di euro, mentre i due fondi della Cdp per gli enti locali hanno un capitale iniziale di un miliardo di euro ciascuno.
L’operazione più rilevante dal punto di vista finanziario, tuttavia, è il parcheggio delle società  del Tesoro nella Cassa Depositi. Anche perché è previsto un esborso di cassa immediato, entro un mese. Cassa Depositi e Prestiti, secondo il decreto varato ieri dall’esecutivo, avrà  un diritto d’opzione per l’acquisto delle partecipazioni del Tesoro in Fintecna, Sace e Simest, ma il corrispettivo della cessione, «che sarà  determinato sulla base dei valori di mercato», che secondo Palazzo Chigi «si aggirerà  presumibilmente intorno ai 10 miliardi», sarà  corrisposto «con un primo acconto del 60%».
Le tre società  che saranno conferite porteranno in dote alla Cassa, controllata dal Tesoro per il 70% e dalle fondazioni bancarie per il 30%, utili (solo Sace, che assicura i crediti all’export, ne ha fatti per 2,3 miliardi, ed ha appena restituito al Tesoro 3,5 miliardi di capitale), liquidità  (ne hanno in abbondanza sia Fintecna che Sace), e pochi debiti. Rafforzando il patrimonio dell’istituto che potrà  raccogliere fondi a più buon mercato per finanziare le altre iniziative di sviluppo (solo nel 2011 la Cassa ha messo 20 miliardi di risorse a servizio delle imprese).
Alla Cassa, che è già  proprietaria del 26% dell’Eni e del 29,9% di Terna, il governo ha appena trasferito anche il 30% della Snam detenuto dall’Eni, ma per il momento non sono in programma altri conferimenti di quote Eni, Enel né di Finmeccanica, come si sussurra da tempo. «Non abbiamo piani in questo momento di ulteriori dismissioni di queste imprese. Non è detto che non possa succedere — ha detto il vice ministro dell’Economia, Vittorio Grilli — ma ora ci stiamo concentrando sugli altri asset della pubblica amministrazione».
A cominciare dagli immobili. Il fondo creato da Palazzo Chigi servirà  potenzialmente per dismettere «tutti» gli immobili pubblici, anche se in questa prima fase avrà  conferimenti per circa un miliardo e mezzo di euro. Altrettanti ne vale il fondo per la dismissione degli immobili assegnati agli enti locali con il federalismo demaniale, anche se dopo la valorizzazione il patrimonio dei 350 beni conferiti potrebbe triplicare.


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