Il centravanti sull’orlo della morte

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Il calcio italiano tace, nonostante le sollecitazioni giunte da più parti, ma il nazionale palestinese Mahmud Sarsak, che versa in condizioni critiche nel carcere israeliano di Ramleh, non è stato abbandonato da tutti i suoi ricchi e famosi colleghi europei. Con Sarsak, che da 87 giorni fa lo sciopero della fame, si è schierato una stella degli anni Novanta, Eric Cantona. Il fuoriclasse francese che con i suoi gol e le sue sue giocate ha incantato i tifosi del Manchester United, è sceso in campo per sostenere la richiesta di liberazione immediata del 25enne calciatore palestinese che contesta la legge israeliana «contro i combattenti illegali» che consente di tenere i palestinesi di Gaza in carcere per un periodo indeterminato, con meno diritti degli abitanti della Cisgiordania e di Gerusalemme Est in regime di detenzione amministrativa.
Cantona ha inviato al ministro dello sport britannico Hugh Robertson e al presidente della Uefa Michel Platini una lettera in appoggio della battaglia di Sarsak firmata anche dall’intellettuale ed accademico Noam Chomsky e dal regista Ken Loach. «È tempo che cessi l’impunità  di Israele e di insistere affinché (lo stato ebraico) rispetti gli stessi standard di uguaglianza, giustizia e di legalità  internazionale che sono richiesti agli altri Stati», ha scritto l’ex attaccante dei Red Devils. Segnali di solidarietà  arrivano anche dal calcio spagnolo. Sul Diario de Navarra, Carlos Gurpegui (Atletico Bilbao), Javier Paredes (Zaragoza), Antonio Là³pez (Madrid) e Patxi Puà±al (Osasuna) hanno manifestato il loro appoggio alla battaglia del calciatore palestinese. Da parte sua l’associazione internazionale dei calciatori professionisti FIFPro si è detta «molto preoccupata» per la situazione dei giocatori in Palestina. E in tal senso è intervenuto anche il presidente della Fifa Joseph Blatter con un messaggio inviato ai vertici del calcio israeliano.
Israele accusa Sarsak di essere un «terrorista del Jihad Islami, pronto a compiere attentati e attacchi» ma sino ad oggi non ha prodotto pubblicamente alcuna prova a sostegno di reati compiuti dal calciatore. In ogni caso il carcere ha messo fine ai sogni della giovane promessa palestinese. Lo sciopero della fame gli ha danneggiato alcuni organi, dicono i medici, e anche se dovesse tornare subito in libertà , dovrà  rimanere lontano dal calcio. Sarsak è nato a Rafah (Gaza) e aveva iniziato a giocare a calcio a otto anni, con il Rafah Sport Club. Grazie al suo talento era entrato 15enne nella squadra maggiore e da lì, pochi anni dopo, il salto nella nazionale era stato quasi automatico. Era considerato un centravanti con grandi potenzialità  che qualche club arabo non avrebbe tardato a mettere sotto contratto. Per Sarsak perciò si annunciava un futuro di sport e di benessere economico dopo la miseria di Rafah. Invece il 22 giugno 2009, mentre cercava di uscire da Gaza per unirsi ai suoi compagni della nazionale in Cisgiordania, è stato arrestato ad incarcerato al valico israeliano di Erez. 
In tre anni il calciatore non ha mai affrontato nessun tipo di processo e conosciuto le accuse che gli vengono rivolte. Le autorità  israeliane decideranno sul suo caso il prossimo 22 agosto e potrebbero rinnovare la detenzione di altri 6 mesi, come è sempre avvenuto sino ad oggi. Mahmud Sarsak però non si arrende. È deciso a continuare lo sciopero della fame anche a rischio della morte, fanno sapere i suoi famigliari. Il suo avvocato ha smentito la notizia data dalle autorità  israeliane sull’interruzione dello sciopero della fame. Il giovane atleta ha solo bevuto un po’ di latte e non intende cessare la sua protesta, ha detto l’avvocato Jawad Boulos.
Lo sciopero della fame dei prigionieri politici si è rivelato un importante strumento di mobilitazione nelle mani dei palestinesi che negli ultimi tempi hanno ottenuto significativi appoggi internazionali alla loro resistenza popolare non violenta all’occupazione israeliana. A rifiutare il cibo per settimane, in protesta contro la detenzione amministrativa (senza processo), sono stati all’inizio dell’anno Khader Adnan e, qualche settimana dopo, la prigioniera Hana Shalabi. Il primo è stato liberato ad aprile, la seconda è stata deportata a Gaza. Il mese scorso si è concluso un lungo sciopero della fame di oltre 1.600 detenuti politici che ha conseguito risultati interessanti ma non ha portato alla fine dell’uso da parte di Israele della detenzione amministrativa, il primo obiettivo della protesta.


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