Il ministro a Palazzo Madama con i nuovi conti dell’Inps: gli esodati non sono 390 mila

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ROMA — Elsa Fornero ha lavorato fino a ieri sera sui nuovi numeri degli esodati che ha chiesto ai vertici dell’Inps, gli stessi dei quali ha sollecitato invano le dimissioni la settimana scorsa, quando è saltata fuori la relazione tecnica dell’istituto di previdenza datata 22 maggio che quantificava in ben 390.200 i lavoratori a rischio di restare senza stipendio e senza pensione. Il ministro del Lavoro guarderà  le carte anche questa mattina e poi alle 16.30 riferirà  in Senato, dove è stata chiamata da tutte le forze politiche per chiarire il mistero: quanti sono gli esodati, 65 mila come dice il governo o 390.200 come sta scritto nella relazione Inps? Sicuramente ci sono altri lavoratori, oltre i 65 mila già  tutelati, che rischieranno di restare senza reddito nei prossimi anni. Non sono però 325.200 (390.200 meno 65.000) dirà  il ministro, ma meno, molti meno. 
Fornero dovrebbe fornire diverse ipotesi di platee aggiuntive da salvaguardare, con numeri che cambiano secondo i criteri che si adottano. In ogni caso il problema maggiore resta il reperimento di altre risorse, considerando che per i primi 65 mila esodati si spenderanno ben 5 miliardi. E quindi, in mancanza di fondi, anche il tipo di tutela potrebbe variare: non più la semplice garanzia del pensionamento con le vecchie regole, ma forse l’utilizzo di ammortizzatori sociali in attesa di poter andare in pensione. In ogni caso il ministro dovrebbe prendere l’impegno a proporre una soluzione in tempi brevi.
Intanto, le nuove tabelle fornite dallo stesso Inps spiegano, per esempio, che dei 180 mila lavoratori licenziati negli ultimi tre anni di cui si parlava nella relazione di maggio vanno considerati solo quelli con una età  e una anzianità  contributiva tale che raggiungano i vecchi requisiti pensionistici entro 24 mesi, come dice il decreto Milleproroghe. E così si scende a circa 10 mila. Stessa operazione va fatta anche per la platea di lavoratori ammessi alla prosecuzione volontaria della contribuzione, quantificati in 133 mila nella relazione di maggio, che non teneva conto del criterio restrittivo introdotto con il decreto applicativo Monti-Fornero (tra l’altro non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale).
Il ministro del Lavoro ripercorrerà  tutta la storia di quelli che all’inizio si chiamavano «salvaguardati», i lavoratori ai quali il decreto salva Italia, poi integrato dal Milleproroghe di dicembre, consentiva di andare in pensione con le regole precedenti alla riforma della previdenza, e che dopo sono diventati gli «esodati», quando ci si è accorti che i 5 miliardi di euro stanziati per tutelare 65 mila persone lasciavano fuori altre decine se non centinaia di migliaia di lavoratori, i quali rischiano nei prossimi anni di restare senza stipendio e senza pensione. Il caso è diventato politico. Partiti e sindacati hanno accusato il ministro di nascondere i dati, Fornero ha accusato il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, e il direttore generale, Mauro Nori, di giocare al massacro, contro il governo. I due si sono difesi spiegando che le relazioni tecniche dell’istituto erano note al governo da mesi.
Fornero riferirà  sul caso esodati anche alla Camera, domani. Dal tono delle reazioni dei partiti si capirà  se la maggioranza si avvia a dar tregua a Monti, concedendogli di arrivare al consiglio europeo del 28 giugno con la riforma del lavoro approvata con il voto di fiducia e il caso esodati sostanzialmente chiuso. Oppure se il premier continuerà  a restare sulle spine. L’impressione è che molto dipenderà  dalla possibilità  che Fornero prenda oggi impegni precisi sugli altri esodati, quelli oltre i primi 65 mila.


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